Tra poche ore, a Roma, a partire dalle 14:00, ci sarà la Manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne, organizzata da Non una di meno. Arriviamo a questo appuntamento accompagnate/i da alcuni gravi fatti che sarebbe il caso di ricordare. «Secondo quanto riportato dal Rapporto Eures 2019» leggiamo su Fanpage, «ogni 17 minuti in Italia una donna è vittima di violenza. Maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale, stalking e femminicidi: e se si considerassero anche le percosse e le lesioni dolose, i minuti sarebbero molti di meno».
In questo panorama, per nulla confortante, a Roma ricordiamo che sono sotto sfratto due importanti realtà che provano a fare cultura della differenza e lotta alle violenze. Parlo della Casa Internazionale delle Donne e Lucha y Siesta, quest’ultima sotto sgombero. L’amministrazione della Capitale dimostra con atti concreti di non avere a cuore non solo queste specifiche realtà, ma anche l’utenza a cui si rivolgono. E in questa utenza ci sono, appunto, proprio le donne che cercano di sfuggire a quelle violenze i cui numeri dovrebbero impressionare tutti e tutte.
Sempre in questi giorni, ancora, è rimbalzata dal Cile la terribile notizia della morte di Daniela Carrasco, in arte “el Mimo”. Come apprendiamo sempre da Non una di meno, «il 20 ottobre in Cile, alcune ore dopo essere stata fermata dai militari, Mimo è stata trovata impiccata ad un recinto ed esposta in un comune della città metropolitana di Santiago del Chile. Torturata fino alla morte. Secondo la Coordinadora Ni Una Menos Chile, è stato un monito per intimidire chi, soprattutto se donna, sta partecipando alle mobilitazioni di questi giorni in Cile». Oggi si andrà in piazza anche con la consapevolezza che questa donna è stata assassinata per aver esercitato il suo diritto di parola e il suo diritto alla visibilità. Il che la rende drammaticamente vicina a ognuno e ognuna di noi. Il che rende il suo dramma un dramma che potrebbe toccarci in qualsiasi momento, se il quadro politico dovesse precipitare.
Questo è dunque il panorama attuale della violenza contro le donne. E di fronte a questo stato di cose, proprio a Roma, si terrà un convegno contro tale violenza. Ne abbiamo già dato notizia, per cui vi invito a leggere l’articolo che ne parla qualora non foste a conoscenza della cosa. Faccio notare solo un aspetto, di questa vicenda. Al convegno, fatto nella Capitale, a cura dell’amministrazione capitolina – quella che chiude la Casa delle donne e Lucha y Siesta, per capirci – e con la presenza della sindaca Raggi non si parlerà di quelle donne brutalizzate ogni quarto d’ora. Si parlerà d’altro, ovvero di gestazione per altri.
Non è fatto nuovo mettere sullo stesso piano violenze e libera scelta. È già successo con la legge emiliana contro l’omofobia (e complimenti vivissimi a chi l’ha sostenuta: avete fatto scuola). A Roma – la città in cui la prima cittadina si rifiuta di parlare con le Famiglie Arcobaleno e le associazioni Lgbt+ – perciò, non si parlerà del fatto che el Mimo è stata stuprata e poi uccisa, per il suo essere donna “fuori norma“. Si parlerà del fatto che alcune donne libere decidono di mettere a disposizione il loro corpo per far nascere figli di altri (anche di padri gay). Adesso, io penso – e lo ripeto – che tale pratica possa indurre perplessità e contrarietà. Ma bisognerebbe saper distinguere tra abuso e scelta. Esiste il commercio illegale di organi, ma ciò non ci porta a criminalizzare la pratica dei trapianti. Perché con la Gpa si fa altrimenti? E perché proprio ora, che l’omogenitorialità è divenuta argomento nel dibattito politico?
Esistono, va da sé, situazioni di sfruttamento e vanno affrontate e combattute. Così come esistono scelte che possiamo non comprendere, ma che non è onesto definire “violente” se chi le attua è consapevole di ciò che fa ed esercita il proprio diritto all’autodeterminazione. Per chi parteciperà a quel convegno – a cominciare da Se non ora quando – una scelta libera è evidentemente paragonabile a uno stupro, a un femminicidio, al fatto che la cultura dominante vede le donne come oggetti di cui poter disporre. Mi chiedo se queste persone vivano nello stesso mondo in cui viviamo noi. Noi che sappiamo distinguere, in altre parole (semplici e crude, ma corrette), tra violenza e libertà. Noi che tra poco saremo in piazza a dire no alla violenza. Quella vera.
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