È stato uno degli ultimi atti dell’amministrazione Obama, la riduzione della pena di Chelsea Manning, l’ex soldatessa che consegnò a WikiLeaks più di 700 mila file riservati delle forze armate statunitensi cambiando per sempre la storia. I file diffusi poi dall’organizzazione di Julian Assange, misero in crisi diplomazie di tutto il mondo e diedero una chiave di lettura del tutto diversa (e più reale) dei conflitti in corso nel mondo in quel momento.
Quello che divenne famoso come “Cablegate” costò alla whistleblower (allora in servizio in Iraq) una condanna per tradimento a 30 anni di reclusione. La soldatessa, che in carcere ha iniziato un difficile percorso di transizione, è stata la prima a ricevere il permesso di sottoporsi all’intervento per il cambio di genere durante la detenzione. Un permesso ottenuto dopo una mobilitazione che valicò le mura del carcere dove era detenuta Manning fino a oggi e che arrivò solo dopo il suo sciopero della fame.
Prima di lasciare la Casa Bianca, Obama firmò il provvedimento che riduceva la sua pena a 7 anni, consentendole di uscire di galera proprio nella Giornata Internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia. Per Trump, Manning è “una traditrice ingrata”.
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