Orge e alcol: in Brunei il sultano usa la sharia per nascondere il suo passato

Per decenni, era conosciuto come il signore dell’eccesso. L’uomo più ricco del mondo, il sultano del Brunei sapeva come spendere le immense ricchezze che fluivano dai giacimenti di petrolio conferiti alla minuscola nazione del sud-est asiatico. Ma ora, il 72enne Hassanal Bolkiah è al centro delle critiche di governi e attivisti di tutto il mondo per aver introdotto il codice penale della sharia, che include pene come la morte per lapidazione per adulterio o omosessualità.

Legge ipocrita

I critici sostengono che questa mossa verso la forma più draconiana della sharia è un segno della crescente influenza dell’Islam conservatore in tutto il sud-est asiatico e un’indicazione che l’anziano monarca vuole lasciare un’eredità religiosa che cerca di compensare le controversie della sua famiglia. “Il sultano sta invecchiando e la sua famiglia non ha sempre avuto una buona reputazione”, ha dichiarato alla Cnn Matthew Woolfe, fondatore del gruppo per i diritti umani The Brunei Project. “In molti parlano di ipocrisia nell’applicazioni di leggi che, in passato, la sua famiglia avrebbe violato con alcune delle loro buffonate”, ha detto Woolfe, sottolineando che “alcuni considerano la mossa un modo per ripulire e forse creare la sua eredità”.
Durante un raro discorso pubblico alla nazione la scorsa settimana, Hassanal Bolkiah ha sollevato la questione di passare a una forma più conservatrice dell’Islam, dicendo al suo popolo che vuole vedere “gli insegnamenti islamici diventare più forti e visibili in questo paese”, perché “questo sistema preserva e garantisce i diritti di tutte le persone indipendentemente dalla loro razza e fede”.

Un passato tra harem e feste

Un messaggio che sembra in netto contrasto con gli stili di vita che il sultano e suo fratello, il principe Jefri Bolkiah, hanno tenuto durante gli anni ’80 e ’90, quando avevano la reputazione di lanciare feste sontuose, andare in giro a spendere milioni di dollari e gestire un “harem” nel loro palazzo. Possedevano hotel di lusso a Londra, Parigi e New York. Jefri aveva anche un gigantesco yacht chiamato “Tits” e due navi più piccole chiamate “Nipple 1” e “Nipple 2”. Vanity Fair descrisse i fratelli come “compagni nell’edonismo”. “Il sultano di Brunei e suo fratello Prince Jefri erano noti per i loro harem, i loro eccessi in termini di acquisti di automobili e le loro prodezze sessuali”, ha detto Bridget Welsh, esperta del Sud-est asiatico e professoressa associata di scienze politiche presso la John Cabot University. “Tutte queste donne sono entrate nel Brunei negli anni ’80, contribuendo a diffondere la loro immagine di playboy”.

Una regola per il sultano, un’altra per la gente comune

Un’americana, Jillian Lauren, ha pubblicato un libro autobiografico , ‘Some Girls: My Life in a Harem’ bandito in Brunei, in cui ha affermato di essere stata reclutata per essere una delle 40 donne dell’harem del principe Jefri quando era un’aspirante attrice di 18 anni a New York, nei primi anni ’90. Lauren ha detto di aver trascorso 18 mesi nell’harem e di essere stata la “seconda amante” del principe Jefri per un anno. “È un pazzo”, disse Lauren alla Cnn nel 2011, ammettendo che “a quel tempo, era attraente per la sua sicurezza, il suo carisma e la sua imprudenza”. Nel 2015, la donna ha inoltre raccontato a ’60 Minutes Australia’, di aver fatto sesso con il principe Jefri “centinaia” di volte e di aver anche avuto un incontro sessuale con il sultano stesso. “Sono testimone del fatto che il sultano ha bevuto, ha commesso adulterio e non viveva esattamente sulla retta via”, ha detto Lauren, che ora ha spiegato di essersi sentita in dovere di raccontare la sua storia dopo aver appreso che il Brunei stava progettando di introdurre la legge della Sharia. “È forse indicativo del modo in cui molte persone di potere si comportano, ovvero, una regola per loro e un’altra regola per il resto della gente comune”, ha affermato. In risposta alla richiesta di commenti della Cnn su queste affermazioni, il governo del Brunei ha scritto una e-mail di in cui “nega con veemenza tutte le accuse”.

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