Rainbow

Ogni giorno un’epifania

Prosegue la pubblicazione dei racconti che hanno ottenuto premi al Primo Concorso Letterario Omphalos, indetto dall’omonima associazione LGBTQIA+ umbra.
Oggi è il turno di “Ogni giorno un’epifania” scritto in forma epistolare da Aurora Grelli. Il testo ha ottenuto la Menzione Speciale assegnata dalla giuria. A questo link è possibile leggere “La luna muta”, il primo racconto pubblicato.

Ogni giorno un’epifania

Caro Bernard,
l’istante in cui ti ho conosciuto ha sciolto la nebbia nella mia vita, mi ha insegnato a guardare con occhi diversi tutto ciò che sono. La ricomposizione della mia anima è avvenuta grazie alla carezza delle tue dita e non ho più pensato di dover riempire il vuoto in cui ero precipitato a causa dei giudizi subiti, del perbenismo che imperniava qualunque discorso che seguiva la spiegazione di quel che in fondo ero, del qualunquismo di chi semplificava tutto quando in me vivevo la lotta cruenta di quel che ero e di quel che avrei dovuto essere. Non ho mai trovato gioia nella mia esistenza fin quando sei arrivato tu e da quell’istante la vita si è svelata a me come una dolce sintonia di note, come un profumo pervasivo che non ha più abbandonato le stanze della mia anima.

La tua Epifania è stata il miracolo della mia vita. Venuto al mondo in un corpo che non mi apparteneva, non avrei mai pensato di potermi sentire a casa con un altro essere umano, poiché la stessa mia carne mi aveva tradito e il mio stesso corpo si trasformava sempre più in qualcosa da cui mi dissociavo.

Nato in un corpo di donna che disprezzavo e ferivo, solo al mondo, poiché anche chi mi aveva dato alla luce mi ripugnava, non pensavo di meritare l’amore, credevo solo che qualcosa in me fosse rotto, credevo di essere difettato e di dover trovare una soluzione; insomma, di dovermi aggiustare.
Bernard, unico amore della mia vita, non sai quali lotte ho affrontato prima di poter sfiorare la felicità, quante battaglie ho combattuto contro me stesso e quali oscuri pensieri si sono infiltrati nella mia mente.

Ho sempre pensato di valere meno degli altri, che i miei desideri fossero innaturali e anche che avrei dovuto resistere poiché prima o poi sarebbe giunto il momento in cui mi sarei riconosciuto in quel corpo di donna. La mia via era destinata alla solitudine, al rifiuto. La prima volta che affrontai con mia madre l’argomento ricordo che mi vergognai ed ero sicuro che la mia convinzione di rivendicare quel che ero sarebbe stata investita dall’onda di perbenismo e scandalo che filtrava dalle sue parole.

Con mio padre non toccai mai l’argomento, mi sono sempre vergognato di dirgli che fin da piccolo mi sono sempre sentito un uomo, convinto che lui non avrebbe mai compreso. In effetti, mio padre era un uomo “tutto d’un pezzo”, proprio quel tipo d’uomo che io, anche adesso, non sono. La fragilità, eterna compagna della mia esistenza, non è mai stata manifestata da lui che ha sempre considerato il dover essere un uomo pari al dover essere un generale. Seppure ti stia scrivendo questo, il mio intento non è muoverti a compassione poiché oramai ho fatto delle mie sofferenze lo scrigno della mia forza. Se te le scrivo è perché voglio raccontarti la mia vita e voglio farti comprendere come tu l’abbia cambiata.
Non c’è stato un giorno preciso in cui ho capito di essere un uomo, è stato un processo continuo che ha attraversato tutte le fasi della mia esistenza, dall’infanzia in avanti.

Non penso di poter dire quando è accaduto, so solo che in adolescenza ho cominciato a sentire il desiderio di cambiare, un desiderio che pian piano è diventato un bisogno. Il desiderio di cambiare il mio dannato corpo è divenuto ogni giorno più insistente da non permettermi una vita normale. Mi spiego meglio, la mattina uscivo, andavo in università, seguivo le lezioni, svolgevo regolarmente gli esami ottenendo il massimo dei voti, ma ogni risultato era finalizzato a poter impressionare i miei genitori, così che forse un giorno avrei potuto meritarmi l’occasione e lo spazio di poter condividere con loro questo mio bisogno di diventare anche fisicamente chi dentro di me ero sempre stato.

Solo scrivendo e mettendomi a nudo attraverso questa lettera, prendo coscienza dello sbaglio che ho sempre compiuto: il voler essere accettato mi ha fatto pensare di dover compiacere anche le uniche persone il cui amore dovrebbe essere incondizionato.
Finita l’università, ho deciso di affrontare mia madre per comunicarle la mia decisione di intraprendere un cammino di transizione. La sua risposta? Un lungo pianto, finché le lacrime sono state interrotte dalla parola deviato. Dal momento in cui il mio desiderio è venuto alla luce, io sono morta per lei. Perdere la propria famiglia per rincorrere ciò che si è, addolora tremendamente. In quel momento ho toccato il fondo e ho pensato centinaia di volte di non avere la forza per poter sopportare una tale sofferenza. Ero solo al mondo, solo con le mie fragilità, solo con i miei pensieri e le mie difficoltà.

Mio padre è morto e non poterlo salutare, non potergli parlare è stato per me un dolore che si è aggiunto alla voragine che si è aperta in me, mia madre non mi ha più chiamato e nonostante io abbia cercato di contattarla e di chiederle un incontro lei non si è più fermata a parlare con me da madre a figlio. Sono convinto che lei mi ami e che in un paesino come quello in cui sono cresciuto i giudizi lacerino la carne e rimangano dentro come coltelli. Non gliene faccio una colpa. Spero soltanto che un giorno tutto questo finisca, spero che lei potrà superare l’impressione degli altri e tornare ad abbracciarmi.

Bertrand, questa lettera è un mezzo per dirti con parole che non riesco a pronunciare che tu sei l’unico che mi ha accompagnato in questa vita, sei il solo al mondo che non mi abbia mai fatto sentire sbagliato, mi hai sostenuto e vorrei solo mostrarti la mia gratitudine. La nostra storia che dura tutt’ora è la parentesi di felicità più grande della mia vita, è stata l’arcobaleno dopo anni di incessante pioggia, ha spezzato la mia monotonia e il tuo amore ha fatto breccia nella mia vita frastornata, mostrandomi che non esiste una sola strada e che, a volte, si possono imboccare sentieri diversi, ci si può perdere e scoprire che lì dove siamo finiti è il paradiso.

L’amore che mi hai donato è spoglio di qualsiasi pregiudizio e perciò tanto prezioso, è fatto di accettazione e accoglienza, di ascolto e comprensione. Tu hai sciolto in me la diffidenza, mi hai riempito di amore. Grazie a te ho imparato ad accettarmi, ho imparato a guardare fieramente l’uomo che oggi sono diventato, senza sensi di colpa.

Anche se le nostre strade si divideranno, vi è in me la certezza che la tua mano non mi lascerà, che ci saremo sempre l’un l’altro e che ci divertiremo per sempre a ridere di chi ci guarda sbalordito quando per strada ci scambiamo un bacio. La mia vita con te ha preso la piega del vento, non resta mai nello stesso punto, è sempre in movimento e ha imparato a non fermarsi mai.

Lo scopo di questa lettera è ringraziarti perché in te ho trovato il compagno dei miei giorni e la mano che mi sostiene. Dopotutto, dovrei ringraziare la vita che ha pareggiato i conti facendomi incontrare te, la persona che per anni ho immaginato di volere accanto. Grazie per dedicarmi la tua vita e non lasciarmi mai, grazie perché se ho paura mi stringi più forte, grazie perché in questi dieci anni insieme le volte che mi hai accompagnato in sala operatoria sono di gran lunga più numerose di quelle in cui ti ho offerto la cena, grazie perché ogni giorno insieme a te è un’Epifania.
Ai miei occhi, è l’Umanità tutta in te.

Per sempre tuo,

Carlo.

Immagine di copertina di jcomp su Freepik

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