Il fascismo? Sempre sbagliato. Il comunismo, ingrediente della democrazia

Credo sia doverosa una riflessione, su quanto sta accadendo nella politica italiana in merito a questioni come la risorgenza del fascismo. Il pensiero va subito, da una parte, alla recente inchiesta di Fanpage le cui immagini – come riporta il sito – «mostrano con chiarezza come un gruppo di neofascisti ed estremisti sia riuscito ad accreditarsi all’interno di uno dei principali partiti della destra istituzionale, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni». E non solo: il secondo capitolo di questa indagine giornalistica «ha raccontato» a Piazza Pulita «dell’alleanza tra il gruppo di Roberto Jonghi Lavarini, il Barone Nero, il movimento Lealtà Azione e alcuni esponenti di primo piano del Carroccio» riporta ancora il giornale on line. Ma non c’è solo questo.

Il regime fascista non esiste più, i fascisti sì

Il pensiero va a quell’adagio terrificante secondo cui l’antifascismo sarebbe anacronistico perché il fascismo non esiste più. Non esiste più il regime, certo. Ma i fascisti sì. E noi lo diciamo da decenni. Sebbene da decenni veniamo trattati come persone in preda ad allucinazioni. Diciamoci la verità, non stiamo parlando di una novità assoluta. Che la nostra classe politica fosse frequentata da gente con simpatie per il ventennio, era cosa che si diceva anche ai miei tempi. Quando io ero appena ventenne e da lì a poco la catastrofe berlusconiana si sarebbe abbattuta sul destino del Paese, sdoganando un partito il cui nome era MSI. E quella sigla, almeno fino a quando c’era la divisione del mondo in blocchi, identificava un partito a matrice neofascista.

Dall’MSI alla svolta di Fiuggi

Fini alla “svolta di Fiuggi”

Poi la svolta di Fiuggi, certo. La virata democratica di Gianfranco Fini, la destra repubblicana di stampo neogollista o conservatrice, come la conosciamo in USA e in Inghilterra. La domanda da porsi, tuttavia, è la seguente: è una svolta che ha avuto successo? O ci siamo ritrovati per anni un partito a destra di un altro partito di destra – parlo rispettivamente di Alleanza Nazionale e di Forza Italia – frequentato da gente che certe simpatie non le ha mai abbandonate? Un nome per tutti: Alessandra Mussolini. Se vogliamo fermarci al folklore, intendo. E proprio in AN è politicamente cresciuta Giorgia Meloni.

I rapporti con Orban

Giorgia Meloni che deve molto, in termini di popolarità, a certa comunità Lgbt+. La stessa che la ballava sulle note della hit Io sono Giorgia. Nonostante fossero molte le voci di chi diceva che quotidianizzare la leader di un partito di destra radicale era un boomerang pazzesco. Se rendi simpatico l’avversario politico, come puoi convincere poi i membri della tua comunità a diffidare di lui (e quindi a non votarlo)? Eppure non è un mistero. Giorgia Meloni dialoga da tempo con Viktor Orban. Quello che ha usato la pandemia per limitare i diritti delle persone transgender (per cui è impedita la riassegnazione di genere), che ha vietato le adozioni alle coppie omosessuali e che vieta di fare “propaganda Lgbt+”, qualsiasi cosa significhi questa corbelleria. È questo l’alleato di Giorgia Meloni, in Europa.

La scarsa democrazia ungherese

Ricordiamo, ancora, che l’Ungheria che piace tanto a Fratelli d’Italia è quel paese in cui anche la libertà di stampa non è messa benissimo. «Nella classifica appena pubblicata di “Giornalisti senza frontiere”» si legge su L’Espresso, «l’Ungheria è al 92esimo posto al mondo per la libertà di stampa e il peggiore Paese europeo. Ai giornalisti ungheresi, tacciati dal governo di diffondere fake news, è oggi impedito persino entrare negli ospedali per raccontare come il governo sta gestendo la pandemia». E Orban non è l’unico personaggio discutibile, con cui è entrata in contatto la leader della destra: ricordiamo le foto con Steve Bannon e l’adesione al Congresso delle famiglie a Verona, giusto per fare altri due esempi. Insomma, non è che sorprenda poi più di tanto che personaggi vicini all’estrema destra fascista poi cerchino contatti con un partito che è passato al 20%, quanto meno nella stragrande maggioranza dei sondaggi (e che rischia di vincere le prossime elezioni politiche). Non sorprende, ma preoccupa.

Contro tutti i totalitarismi?

Meloni con Orban

E adesso che Fratelli d’Italia è al centro di una bufera mediatica per l’inchiesta di Fanpage su “la lobby nera”, la leader di partito sta seguendo una strada già tentata in passato: sviando su altro i termini della questione. Lei condanna, per carità. Ma ricorda che c’è di peggio in giro. Succedeva ieri con Bibbiano, succede oggi col comunismo. Ricorda infatti Meloni che il suo partito ha firmato una risoluzione che condanna tutti i totalitarismi, al contrario della sinistra che in Italia si oppose. E lei questa sinistra la combatte. Ora, immaginare Letta oggi (così come ieri Zingaretti o Renzi) in difesa del ricordo di Stalin fa francamente sorridere. La cosa che non è in grado di dire, la presidente di quel partito – che ha ancora nel suo simbolo la fiamma del MSI – è che le due cose non sono minimamente paragonabili. Perché? Presto detto.

Il comunismo in Italia, ingrediente di democrazia

Il comunismo, in Italia così come in Europa occidentale, è stato ingrediente di democrazia. La Costituzione sulla quale la stessa Giorgia Meloni ha giurato quando è diventata ministra è stata scritta da esponenti del PCI. Partito che, contrariamente a qualsiasi partito fascista, è stato e resta perfettamente legale qui nel nostro Paese. E non solo. Il pensiero da cui sono nati i partiti di ispirazione marxista – quindi i partiti comunisti, socialisti e socialdemocratici – è un pensiero di liberazione dall’oppressione. Il fascismo, invece, rappresenta una delle tante forme di quell’oppressione stessa. E non è un caso che, storicamente parlando, forze liberali, democratiche e di sinistra (anche comunista) si sono alleate contro il nazi-fascismo. A livello mondiale così come, in Italia, nelle forze che formarono prima la Resistenza e poi l’Assemblea Costituente. Da cui è nata la Costituzione. Su cui Giorgia Meloni ha, appunto, giurato.

Il fascismo è sempre sbagliato

Certo, altrove i regimi che si dicevano comunisti hanno fatto molte cose sbagliate. E non è mia intenzione giustificare o sminuire dittature e crimini da esse commesse. Ma neanche il cristianesimo, se vogliamo fare un altro paragone, nei suoi duemila anni e rotti di storia è stato un esempio di tolleranza e democrazia. Anzi, dobbiamo a regimi altrettanto cristiani le peggiori atrocità mai commesse, contro i popoli colonizzati, contro “streghe”, omosessuali, eresie, opposizioni politiche, ecc. Eppure dubito che lei voterebbe una risoluzione contro i crimini del cristianesimo, paragonandolo al comunismo o al nazifascismo. Perché l’evidenza storica – così come la sua complessità interpretativa – parla una lingua che va oltre le comode ideologie di bottega. Quelle che portano a dire “e allora le foibe?” quando non si hanno argomenti. E che non fanno i conti col fatto che il fascismo è sempre sbagliato. Che sia quello del ventennio, quello che si nutre di nostalgia o quello che viene esercitato dentro istituzioni democratiche svuotate di senso. E, in mezzo a questi esempi, anche quello denunciato dalle inchieste giornalistiche. Piaccia o meno sentirselo dire.

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