Perché boicottare il decreto Salvini non è paragonabile all’obiezione di coscienza sulle unioni civili

Il famigerato “Decreto sicurezza” voluto dal ministro dell’Intero Salvini è ormai legge, ma diversi sindaci hanno deciso di disobbedire, almeno per la parte del decreto che riguarda le loro competenze. A dare il via a questa nuova battaglia dei sindaci è stato il primo cittadino di Palermo, Leoluca Orlando. “Noi difendiamo la sola razza che c’è: quella umana” ha detto un paio di giorni fa annunciando di avere inviato una nota agli uffici dell’anagrafe del suo comune per sospendere l’applicazione del decreto in questione.
A lui si sono aggiunti altri sindaci, ognuno con la sua specificità: da De Magistris a Napoli a Nardella a Firenze, da Pizzarotti a Parma a Falcomatà a Reggio Calabria passando per Montino a Fiumicino.

L’obiezione sulle unioni civili: un paragone improprio

Questi sindaci e gli altri che si stanno unendo alla schiera, sono stati paragonati ai sindaci che opposero “l’obiezione di coscienza” contro le unioni civili, appena entrò in vigore la legge Cirinnà. Ma è un paragone improprio, strumentale, superficiale e, permettetemelo, anche un po’ stupido.
Vediamo perché.

La difesa dei diritti

Orlando ha definito il decreto Salvini “disumano e criminogeno”. E nel primo comunicato stampa diffuso spiega che la sua non è disobbedienza né obiezione di coscienza. E’, invece, “la semplice applicazione dei diritti costituzionali che sono garantiti a tutti coloro che vivono nel nostro paese”. “Siamo davanti ad un provvedimento criminogeno – spiega Orlando -: ci sono migliaia, decine di migliaia di persone che oggi risiedono legalmente in Italia, pagano le tasse, versano contributi all’INPS e fra qualche settimana o mese saranno “senza documenti” e quindi illegali. Questo significa incentivare la criminalità, non combatterla o prevenirla!”. Se è vero che il decreto Salvini è legge, è anche vero che la Costituzione è una legge superiore: ricordiamocelo.
Il punto è tutto qui, se vogliamo.

I sindaci dalla parte dei diritti

Non è un caso se la lista dei sindaci che si stanno ribellando al decreto sicurezza è quasi del tutto sovrapponibile a quella di coloro che hanno prima registrato i matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero, poi celebrato le prime unioni civili e, infine, registrato i figli delle coppie same sex riconoscendo entrambi i genitori.
Non è un caso, dicevamo, perché parliamo di sindaci il cui faro sono e restano i diritti dei propri cittadini, quale che sia il colore della pelle, l’orientamento sessuale, il credo religioso. I diritti prima di tutto. Lo dice la Costituzione, come ricorda Orlando.

I sindaci contro i diritti

I loro colleghi che, invece, tentarono senza successo di opporsi alle unioni civili non solo violavano quella che ormai era una legge dello Stato (la legge Cirinnà, appunto), ma anche gli articoli 2 e 3 della Costituzione su cui quella legge si fonda.
A questo unto è utile riproporre per intero almeno l’articolo 2.
“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
“Diritti inviolabili dell’uomo” non dell’italiano figlio di italiani: c’è una bella differenza. Ed è quella per cui, sempre la Repubblica “richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Per tutti.

La Costituzione prima delle altre leggi

I primi cittadini contrari alle unioni civili, debitamente istigati dallo stesso Salvini che ora si scaglia contro chi si oppone al suo decreto “criminogeno”, di fatto agivano in modo contrario ai principi stabiliti dalla nostra Carta costituzionale, la legge che viene prima di tutte le altre. Prima anche, pensate un po’, dei desiderata di Salvini.

La sicurezza

E, a scanso di equivoci, Orlando e gli altri non sono di certo contrari alla sicurezza dei cittadini, come la narrazione governativa vorrebbe far credere. Anzi.
Lo spiega lo stesso sindaco di Palermo in un’intervista a TPI. “Un migrante il quale ha avuto il permesso di soggiorno e si trova quindi in regola, in base a questo decreto non può chiedere la cittadinanza al comune se ha finito il termine di contratto di lavoro. – sottolinea Orlando -. Quel migrante paga le tasse, ha il permesso di soggiorno, è in teoria in regola. Da un giorno all’altro si ritrova invece in mezzo alla strada: da legale a illegale. Da utile all’Italia, a ripudiato dalla società. In questo modo non vengono rimandati a casa i migranti, come dice Salvini, ma viene creato un esercito di fantasmi come nelle banlieues francesi”.

E’ una questione di buon senso

Opporsi alle unioni civili era anticostituzionale, ideologico e idiota. Violava i diritti delle persone lgbt, oltre che una legge dello Stato. Opporsi, invece, al decreto sicurezza è buon senso. Ed è indice di senso di umanità, oltre che delle istituzioni: due aspetti che il decreto sicurezza viola apertamente. Imparare a distinguere i contesti, i presupposti e le ragioni delle scelte dei sindaci è la base per discuterne senza sembrare criceti nella ruota.

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