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L’8 marzo non è la “Festa della donna”: fatevene una ragione

L’8 marzo non è la Festa della donna. E’ la Giornata Internazionale della Donna. La differenza non è solo nominale: è sostanziale.
Perché forse non ve ne siete accorti, ma non c’è niente da festeggiare.

Finché qualcuno penserà di poter decidere sul corpo di una donna, imponendole la maternità, non ci sarà niente da festeggiare.
Finché ad una donna che fa un colloquio di lavoro sarà chiesto se intende fare figli, non ci sarà niente da festeggiare.
Finché qualcuno penserà che declinare al femminile le professioni è una diminutio o “suona male”, non ci sarà niente da festeggiare.

Finché una donna che viene stuprata si sentirà dire che deve scegliere meglio le sue amicizie, che forse doveva bere meno, che doveva vestirsi diversamente, non ci sarà niente da festeggiare.
Finché una donna non sarà libera di scegliere cosa fare del proprio corpo, non ci sarà niente da festeggiare.
Finché gli sport femminili non saranno professioni, non ci sarà niente da festeggiare.
Finché una donna non sarà libera di amare chi vuole, non ci sarà niente da festeggiare.
Finché sarà ritenuto “naturale” che solo una donna possa svolgere i lavori di cura, non ci sarà niente da festeggiare.

Finché una donna non sarà libera di scegliere in quale paese realizzare i propri sogni e i propri desideri, non ci sarà nulla da festeggiare.
Finché una donna dovrà chiedere il permesso ad un tribunale o a uno psicologo per potersi dire, finalmente, donna non ci sarà niente da festeggiare.

Finché alle bambine e ai bambini sarà insegnato che “la mamma lava e stira” e “il papà lavora e legge” non ci sarà niente da festeggiare.
Finché definirsi donna significherà rimanere ingabbiata in un ruolo definito da altri, non ci sarà niente da festeggiare.
Finché una donna che lavora sarà pagata meno dei suoi colleghi uomini, non ci sarà niente da festeggiare.
Finché sarà considerato normale insultare una donna che vive liberamente la propria sessualità non ci sarà niente da festeggiare.
Finché qualcuno riterrà normale abusare, molestare, picchiare, stuprare una donna, non ci sarà niente da festeggiare.

Finché nei libri di storia, di letteratura, di scienze, non si insegneranno i nomi delle donne che hanno fatto la storia, la letteratura, le scienze, non ci sarà niente da festeggiare.
Finché a dirigere i giornali, i TG, i siti di informazione saranno soprattutto gli uomini, raccontando il mondo con occhi maschili, non ci sarà niente da festeggiare.

Perché forse non ve ne siete accorti, ma questo è quello che succede ogni giorno. E capirete se non ci facciamo una risata alle battute sull’8 marzo.

Per queste e per molte altre ragioni, oggi le donne di 70 paesi del mondo scioperano e scendono in piazza.
Perciò, non chiamatela “festa”, gli auguri lasciateli per i compleanni, le mimose dai fiorai e scendete in piazza. Anche voi che “io non ho mai (insultato, picchiato, molestato, discriminato una donna)”. Quello è il minimo sindacale e autoassolversi senza muovere un dito per combattere la maschilità tossica è inutile, se non deleterio. E’ ora di scegliere da che parte stare e non è una questione personale: è una questione che riguarda tutte e tutti.

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