Persone trans che chiedono di cambiare il nome sui documenti e vengono convinte dagli avvocati a fare due procedure separate: la prima per sottoporsi all’intervento chirurgico per la riassegnazione del genere (anche se non vogliono farlo) e la seconda per il cambio del nome. La motivazione, stando alle testimonianze raccolte, è sempre la stessa: il Tribunale di Torino non accetterebbe mai una richiesta di cambio di nome senza l’intervento, né una di per autorizzare entrambe le cose contemporaneamente.
È l’esperienza che due ragazzi hanno raccontato a Gaypost.it dopo la denuncia dell’avvocata di Gay Lex Cathy La Torre.
Luca (nome di fantasia per tutelarne la privacy) non vuole sottoporsi all’operazione chirurgica. “Ho già tolto il seno ed era quello che volevo – racconta -. Io volevo solo cambiare il nome sui documenti. Ho raggiunto il mio equilibrio, il mio aspetto è come lo volevo. Ma con i documenti col nome femminile non posso fare niente. Ho fatto un colloquio di lavoro, tempo fa, ed era andato tutto bene. Al momento di concludere, ho dovuto spiegare la situazione. Sai cosa mi hanno rispoto? Che loro non condividevano la mia scelta di vita e che le persone come me non gli piacciono. Addio lavoro”.
Ma qual è stato il problema con l’avvocato a cui si era rivolto Luca? Lui lo racconta così: “Come tutte le altre persone trans di Torino, sono stato seguito al CiDiGem, (il centro disturbi dell’identità di genere dell’ospedale Le Molinette). Man mano che segui il tuo iter, conosci tutti gli altri che fanno la stessa cosa e ci diventi amico. Quando ho sentito che avevo raggiunto il mio equilibrio e volevo chiedere il cambio del nome, ho chiesto lì a quale avvocato potessi rivolgermi”. Sono tre i legali che lavorano con il CiDiGem. Ed essendo la materia molto delicata, tutti preferiscono rivolgersi ad avvocati che la conoscono bene e possono seguire meglio ogni singolo caso. Così ha fatto anche Luca.
“Li ho chiamati tutti e tre, separatamente – continua -. Ad ognuno ho spiegato che volevo cambiare solo il nome. Tutti mi hanno risposto che non si poteva fare, che il Tribunale non l’avrebbe mai accettata e che dovevo prima passare per l’intervento chirurgico. A quel punto ho chiesto di unificare le due procedure e chiedere allo stesso tempo l’autorizzazione sia per i documenti e quella per l’operazione. Al massimo, avrei deciso dopo se farlo o no”. Ma anche davanti a questa richiesta Luca ha ricevuto un rifiuto da parte degli avvocati.
“Io non sento il bisogno di operarmi, perché lo devo fare per forza?” si chiede. Tra l’altro, oltre a richiedere molto più tempo, due procedure significano doppio onorario per l’avvocato e quindi una spesa maggiore. “Mi sarebbe costato più di 4 mila euro – spiega -. Io lavoro, ma ho un mutuo da pagare e vivo da solo: non è proprio una cifra da nulla”.
Un po’ scoraggiato, Luca ha contattato Cathy La Torre tramite Facebook. “Ho visto che segue molti casi come il mio e mi sono detto: ‘Provo con lei, se mi dice la stessa cosa, vorrà dire che davvero non c’è altra strada’. E così ho fatto”. Dall’avvocata di Gay Lex, invece, ha ricevuto una risposta positiva: si può fare.
“Quando siamo arrivati davanti al giudice – spiega La Torre – ci ha detto che al Tribunale non era mai arrivata una richiesta simile e che, quindi, non era mai stata rigettata”. E infatti, ieri Luca ha finalmente ottenuto l’autorizzazione a cambiare il nome sui documenti. “Nella sentenza – spiega Luca – c’è scritto che se ne sentirò il bisogno, in futuro, potrò sottopormi all’intervento. Ma intanto posso cambiare il nome. È un ottimo traguardo, raggiunto in metà del tempo che avrei impiegato diversamente e senza dover subire un intervento che non mi interessa fare”.
“Nulla osta all’accoglimento della domanda di autorizzazione al trattamento medico-chirurgico per l’adeguamento dei propri caratteri sessuali al sesso maschile e alla contemporanea rettifica del nome – si legge nella sentenza dei giudici Cesare Castellani e Marco Carbonaro – , visto che da molti anni la parte è conosciuta così al mondo esterno”.
Molto simile la storia di Silvio (anche in questo caso, il nome è di fantasia). “Io e un mio amico siamo andati ad operarci negli Usa, per farci togliere il seno – racconta a Gaypost.it -. Quando siamo tornati, volevamo subito cambiare il nome: con i documenti al femminile e un aspetto come il mio non poi fare niente. Oltretutto, sto per laurearmi e voglio che sulla laurea ci sia il nome che ho scelto. Ti racconto una cosa assurda: quest’estate in Sardegna con gli amici volevamo noleggiare un pedalò. Mi hanno chiesto il documento. Perché io devo raccontare la mia vita al noleggiatore che legge un nome da donna sulla mia carta d’identità?”. Silvio e il suo amico, dunque, si rivolgono a due differenti avvocati, entrambi tra coloro che collaborano con il CiDiGem.
L’avvocato presenta la richiesta e a maggio scorso arriva il sì all’intervento. Nel frattempo, lo stessoa aveva fatto il suo amico, con l’altro avvocato. “Entrambi siamo andati a iscriverci alle liste d’attesa per l’operazione, ma ancora non ci hanno chiamati: il tempo è passato lo stesso e non abbiamo risolto niente” racconta Silvio.
Nel frattempo, proprio perché frequentando tutti lo stesso centro ci si conosce, Silvio e l’amico vengono a conoscenza del caso di Luca e contattano Cathy La Torre. “Ho già speso 2500 euro (tanto il costo della prima sentenza) per un intervento che, almeno per il momento, non farò – sottolinea amareggiato -. Ora ho cambiato avvocato: con ogni probabilità a febbraio ci sarà l’udienza per il cambio del nome, finalmente”.
“Ora a Torino bisognerà cambiare tutto – conclude La Torre – avendo più riguardo per l’interesse delle persone trans, invece che per le tasche di noi avvocati”.
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