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“Lo Stato ha ucciso Marielle Franco, uno stato machista, omotransfobico e misogino”

Ha il volto della sua compagna tatuato sul braccio, Monica Benicio, che ha condiviso la sua vita per 14 anni con Marielle Franco, l’attivista e politica uccisa a Rio de Janeiro il 14 marzo scorso.
“Donna, nera, lesbica e dei bassifondi” ripete Monica più e più volte per parlare di lei durante l’incontro di ieri sera al Circolo Mario Mieli di Roma in cui insieme a Fernanda Chaves, collaboratrice di Marielle, ha raccontato la storia della donna uccisa a neanche 39 anni, accolte dalla padrona di casa Rossana Praitano. Indosso una maglietta bianca con una scritta nera: “lotta come Marielle Franco”.

Marielle Franco e Monica Benicio

Il dovere della memoria

Architetta e urbanista, Monica non ama parlare in pubblico, ma si è ritrovata a doverlo fare. E si commuove raccontando che “non ho ancora realizzato davvero quello che è successo”. “Per due mesi e mezzo ho preso molti farmaci. Ricordo solo dei flash, di quelle settimane dopo il 14 marzo – racconta -. Quando mi sono svegliata da quell’incubo ero già un personaggio pubblico: le persone mi riconoscevano per strada, mi fermavano”. E’ lì che ha capito che la sua vita era cambiata per sempre e che l’unica cosa che poteva fare era preoccuparsi che l’assassinio di Marielle non venisse dimenticato e che la sua morte non si riveli vana.

Intersezionalità

Donna, nera, lesbica e dei bassifondi. La seconda donna più votata nel consiglio comunale di Rio, la quinta in assoluto. Già questo ha fatto di lei una figura dirompente. Intersezionale nel senso più stretto dell’espressione. Perché in lei, nella sua storia personale e politica, sulla sua pelle, si intrecciavano la questione femminile, quella LGBT, quella etnica e quella socio-economica.

Monica Benicio durante l’incontro al Circolo Mario Mieli

L’aborto e la visibilità lesbica

Tra i tanti progetti di legge presentati dal giorno della sua elezione a quello del suo brutale assassinio, Marielle ne aveva presentato uno di “una legge che permettesse di applicare la legge” spiega Chavez. Una norma, cioè che obbligasse i consultori autorizzati a praticare l’interruzione di gravidanza a farlo davvero. “Di otto consultori che ci sono a Rio – continua – nessuno permette alle donne di abortire, neanche nei pochi casi previsti dalla legge. Trovano sempre un cavillo, una scusa, un modo per mandarti via”. La conseguenza è l’enorme numero di aborti clandestini e di donne che perdono la vita o subiscono danni e traumi irreparabili da pratiche non sicure, non controllate, non igieniche.
E ancora, un testo per l’introduzione della “Giornata della visibilità lesbica”, per potere promuovere cultura dell’inclusione, approfondimenti, per combattere la discriminazione e l’invisibilità a cui le lesbiche sono spesso costrette. “Ma niente: hanno approvato la giornata del pane francese, ma quella della visibilità lesbica no” racconta ancora Chavez.

“L’ha uccisa lo Stato”

“Donna, nera, lesbica e dei bassifondi. Rompeva gli schemi, in un sistema machista, omofobico e misogino. E’ per questo che l’hanno uccisa”. Non ha dubbi, Monica, neanche su chi sia stato ad uccidere la sua compagna in un paese in cui solo nel 2017 si sono registrati 475 assassinii di persone LGBT. “Lo Stato, il sistema – risponde dopo un respiro profondo -. Un sistema che è machista e omofobico. Lo stesso Stato che ora gestisce le indagini sull’omicidio e che non rivela nulla su come stiano procedendo. “E’ tutto segreto – spiega Monica -: le poche cose che sappiamo sono indiscrezioni di stampa, ma non possiamo dire con certezza se si tratti di cose vere o no. Sappiamo che hanno cambiato il procuratore titolare dell’indagine: una mossa politica”.

La pressione per sapere la verità

Per questo, Monica e Fernanda girano ovunque chiedendo supporto. “Serve fare pressione sul governo brasiliano perché si scopra la verità – dice Monica -. E’ necessario che non cali l’attenzione, che si continui a parlare di Marielle, che si facciano incontri come questo, ma anche che i governi europei facciano pressione sul nostro”.
“L’eredità di Marielle è la resistenza, l’unità delle donne, il tentativo di cambiare le cose. Non il mondo, ma il proprio contesto, come voleva fare lei. E noi possiamo raccogliere quell’eredità soprattutto continuando a lottare per la fine della misoginia, dell’omotransfobia, delle discriminazioni contro la popolazione nera che non sono cose che ha inventato lei. Sono cose che c’erano già, ma che lei ha fatto sue e noi dobbiamo continuare queste battaglie. Noi siamo sulla buona strada”.

La petizione

Dell’omicidio di Marielle Franco si sta occupando anche Amnesty International Italia che ha aperto una petizione sul proprio sito per “chiedere al governo brasiliano identificare i responsabili dell’uccisione di Marielle e di assicurarli alla giustizia”. Lo ha ricordato, durante l’incontro al Mieli, Laura Renzi. La petizione ha superato le 50 mila firme. Uno strumento utile, anche secondo Monica, “più dei presidi che fanno ogni mese in Brasile perché le persone si stancano e sono sempre meno” spiega. “Usiamo internet, che è globale – aggiunge ancora -. Ci sono due hashtag che vi invito ad usare #MariellePresente”.

L’allegria

A Marielle Franco l’VIII Municipio di Roma ha intitolato il consultorio di Tor Marancia. “Alla figlia della Marea, che la memoria nei territori del mondo continui la tua lotta” ha scritto su Facebook il presidente del Municipio Amedeo Ciaccheri.
Donna, nera, lesbica e dei bassifondi: chi era, nel profondo, Marielle? “L’allegria” conclude, sorridendo, Monica.

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