Facciamo finta di mandare in stampa un articolo, per un quotidiano locale. Un futuro sacerdote è stato scoperto a letto con una donna. Decidiamo di dar notizia della cosa e di titolare: “Seminarista e già peccatore etero”. Suona male, vero? Eppure è ciò che è successo a Siracusa, sul quotidiano La Sicilia. Solo che il peccatore non era un ragazzo beccato a letto con la sua partner. Era gay. Il titolo in questione era: «Seminarista e già peccatore omosex». Il ragazzo, tenetevi forte, è colpevole di «chat scabrose e inequivocabili» con «un ignoto “amico”». Scritto così, tra virgolette.
Perché dovrebbe interessarci una non notizia?
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Che la notizia sia una non notizia, lo suggerisce ogni cosa di questa vicenda. Perché dovrebbe interessarci il fatto che preti di ogni ordine e grado esercitino la loro vita sessuale nonostante gli obblighi imposti dalla tonaca? La storia è popolata di sacerdoti che vanno con uomini o donne. E puntualmente, la società – che finge che il problema sia l’atto sessuale in sé e non un voto di castità, nel migliore dei casi anacronistico – fa sentire il suo clamore. In un gioco delle parti che è sempre uguale a se stesso.
Il carabiniere palestrato e la palude dei cliché
Non è l’unico titolo a effetto, quello che si registra nelle ultime 48 ore. Sempre a Siracusa – forse nella piccola città siciliana sono a corto di notizie, data la noia imperante in provincia – Libertasicilia.it, un giornale on line, titola: «Siracusa. Rapporto omosessuale. Omicidio del 57enne, il pm chiede 16 anni per l’ex carabiniere palestrato». La notizia è di cronaca nera. Tra la vittima e l’omicida c’era, evidentemente, un trascorso (non sappiamo se sentimentale o erotico). Ma per come è confezionato il titolo la notizia sembra essere: se vai con certi uomini, ti finisce male. E non stiamo parlando di femminicidio. Quel “tragica storia di omosessuali” che troviamo nell’articolo ce lo suggerisce a chiare lettere. E ci troveremmo ai limiti del comico se non si fosse impantanati nella palude dei cliché quel “carabiniere palestrato” che chiude il titolo. D’altronde si sa, quella omosessuale è la specie più diffusa nelle palestre, no?
Le associazioni alla stampa: “Certi dettagli alimentano lo stigma”
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Le realtà locali si sono fatte sentire. In un comunicato congiunto Stonewall GLBT e Arcigay Siracusa hanno protestato formalmente: «Parole inappropriate e irrispettose usate dal cronista, in barba alle numerose prescrizioni dettate dal codice deontologico della professione giornalistica» dichiarano Alessandro Bottaro e Lucia Scala, presidenti delle rispettive associazioni «Ci chiediamo» si legge ancora «se sia fondamentale, per la comprensione di quanto accaduto far conoscere a chi legge l’orientamento sessuale della vittima e del presunto assassino, quando in similari fatti di cronaca dettagli simili vengono regolarmente omessi. La nostra risposta è, NO non lo è». E fanno notare, ancora: «Certi dettagli, spesso morbosi, servono solo ad accentuare la diffidenza, lo stigma e i taluni casi persino l’odio nei confronti delle persone Lgbt».
Un insulto alla comunità Lgbt+ e alla lingua
Adesso, al netto degli aspetti più problematici di titoli e articoli come questi, che cavalcano ancora l’onda del sensazionalismo e delle narrazioni pruriginose ai danni di un’intera comunità, ci sarebbe da scomodare quella cosa che – in qualsiasi produzione letteraria, fosse anche un semplice testo informativo – si chiama stile. Perché non si fa solo un torto alla comunità arcobaleno, a leggere certe cose. Si sta massacrando la bellezza della lingua e le sue potenzialità espressive. Ridotte a espressioni e frasi che al giorno d’oggi stonerebbero pure in un giornale di annunci per incontri tra omosessuali di altri tempi.