Porpora Marcasciano madrina del Roma Pride: “Rivolta contro i nemici di ieri e di oggi”

Sarà Porpora Marcasciano a guidare il Roma Pride sabato 8 giugno sulle orme di Stonewall.

Ad annunciarlo il Coordinamento Roma Pride con un post affidato a Facebook: “Il primo Pride fu rivolta. E rivolta sarà anche il Roma Pride di quest’anno” si legge.
“Rivolta contro i nemici di ieri e quelli di oggi. Contro l’avanzata delle destre in Europa. Contro un governo disumano e nazionalista. Sarà un Pride di lotta, come avrebbe dovuto sempre essere. E un Pride di lotta non può che essere aperto da una madrina favolosa e battagliera. A guidarci sulle orme di Stonewall, infatti, ci sarà una madre del movimento LGBT+ italiano: Porpora Marcasciano”.

Porpora

Porpora Marcasciano è presidente onoraria del MIT, Movimento Identità Transessuale, la prima associazione transessuale fondata in Italia nel 1979 con lo scopo di ottenere il riconoscimento del cambio di sesso. Raggiunto con la legge 164, approvata il 14 aprile 1982) e figura storica del transfemminismo italiano. Ha attraversato tutti i vari passaggi storici del movimento Lgbtqi+, dagli anni ’70 fino ad oggi. Amica personale di Silvya Rivera con la quale ha condiviso moltissime battaglie accompagnerà la Capitale verso un futuro fatto di resistenza e diritti.

“La nostra storia non nasce nei salotti buoni”

Tra le sue pubblicazioni troviamo Favolose narranti- Storie di transessuali, l’autobiografia Antologaia, che narra un periodo dagli anni Settanta al 1983, dove vengono raccontate le prime vicende che nel 1980 hanno portato al primo gay pride italiano, i retroscena dei campeggi omosessuali svoltisi dal 1979 in poi, lo spartiacque dell’avvento dell’AIDS, le battaglie che portarono alla legge 164 nel 1982 (quella sul cambio di sesso). Nel suo ultimo libro “L’aurora delle trans cattive. Storie, sguardi e vissuti della mia generazione transgender” attraversa l’altro periodo dal 1983 ad oggi, dove ricostruisce la sua genealogia trans, dove per mancanza di riconoscimenti e diritti la vita era vissuta nell’illegalità, nella prostituzione, fenomeno molto diverso da quello odierno.
Nell’estratto che segue una riflessione su Sylvia Rivera, Marsha P Johnson e il Pride che celebrerà 50 anni di rivoluzione:

“Mi piace pensare che quei tacchi scagliati da Sylvia o Marsha, simbolo e atto della liberazione, non si siano ancora posati e continuino a vibrare liberi nell’aere sulle teste di tutti quegli stronzi che vorrebbero toglierceli.
La nostra storia non nasce nei salotti buoni, tantomeno al chiuso di sedi associative, ma nella strada, nelle baracche, nelle carceri, nei manicomi.
In tutti quegli assurdi meandri, quelle intercapedini, fessure di un mondo parallelo. Risvolti ignoti ed estranei alla narrazione mainstream, nella quale le parole mancano dal suo vocabolario, parole che difficilmente possono essere recuperate e strumentalizzate come di solito avviene nel montaggio storico delle culture dominanti.
Sono testimonianze che sopravvivono in qualche stanco racconto delle poche sopravvissute, tasselli mancanti ma essenziali del prezioso mosaico trans.
Come in arte e letteratura o nei film più avvincenti, la liberazione parte dalla sofferenza, dalla fatica, dalla tribolazione per poi esplodere come l’amore”.

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