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Le guide di Gay Lex: chiarita la questione del partner straniero in un’unione civile

In una conferenza stampa molto partecipata, ieri, il Consiglio di Stato ha annunciato il proprio parere favorevole sul decreto ponte che a breve permetterà (finalmente) di celebrare le prime unioni civili.

Nel testo della pronuncia, diffuso già nel pomeriggio, la più alta corte di giustizia amministrativa del paese ha analizzato i dieci articoli del decreto ponte, soffermandosi inoltre sulle questioni che c’erano sembrate più problematiche fin dal trapelare del testo.

Innanzitutto ha spazzato una volta per tutte i dubbi sulla possibilità per un sindaco di invocare l’obiezione di coscienza per non celebrare le unioni civili nel suo comune: non essendo prevista dal testo della norma, come vi avevamo già anticipato fin dalla prima ora, non è invocabile dai primi cittadini. Quello che sarà, al più, possibile per un sindaco sarà delegare da altri la celebrazione (anche di questo vi avevamo già accennato).

Altro nodo fondamentale è quello che riguarda l’unione civile con cittadino straniero e la richiesta di nulla osta al paese d’origine del cittadino straniero.
La grossa preoccupazione era, infatti, che in caso di rifiuto di nulla osta da parte del paese di provenienza del cittadino straniero, non fosse possibile accedere all’istituto dell’unione civile italiana.

Sul punto il parere del CDS è chiarissimo, recitando infatti: “la dichiarazione, resa dall’autorità competente dello Stato di appartenenza, di nulla osta all’unione civile, che lo straniero deve presentare all’ufficiale dello Stato civile qualora intenda costituire in Italia un’unione civile, non va interpretata nel senso di includere nelle “leggi cui è sottoposto” lo straniero medesimo anche quelle eventuali disposizioni dell’ordinamento dello Stato di appartenenza che vietino le unioni civili tra persone dello stesso sesso. Difatti il diritto di costituire un’unione civile tra persone dello stesso sesso, in forza dell’entrata in vigore della legge, è divenuta una norma di ordine pubblico e, dunque, prevale, secondo l’articolo 16 della legge 31 maggio 1995, n.218 sulle eventuali differenti previsioni di ordinamenti stranieri”.

In poche parole, dunque, anche con un nulla osta negativo motivato dal divieto di unioni fra persone omosessuali nel paese d’origine, sarà possibile unirsi civilmente in Italia. Sarà interessante verificare se gli ufficiali di stato civile recepiranno in modo automatico questa lettura o se alcune coppie saranno costrette a ricorrere alla via giudiziaria per l’affermazione di questo principio (ci auguriamo di no).
Rimane comunque aperto un problema, di non poco conto.

Il parere del CDS, infatti, risolve la questione in caso di nulla osta negato ma, implicitamente, conferma la necessità per il cittadino straniero di richiederlo al proprio paese d’origine.
Come dovranno comportarsi i cittadini di paesi in cui non solo le unioni omosessuali non sono previste, ma addirittura l’omosessualità è un reato e anche solo richiedendo il nulla osta rischierebbero delle gravi conseguenze?
A nostro avviso, qualora ci sia un concreto e provato pericolo di incolumità, il cittadino dovrebbe richiedere di unirsi civilmente anche in assenza di richiesta di nulla osta (motivando ovviamente) e, in caso di diniego dell’ufficiale di stato civile rivolgersi alla’autorità giudiziaria per fare affermare il principio di cui sopra.
Sui diritti che acquisisce il cittadino straniero con l’unione civile rimandiamo infine alla precedente guida.

È doverosa un’ultima nota su questo importantissimo passaggio del Consiglio di Stato che sancisce in via definitiva il passo dei tempi: l’unione fra persone dello stesso sesso, un tempo vietata per oscuri “motivi di ordine pubblico” assurge oggi anzi al rango di “norma di ordine pubblico” che prevale su altre previsioni.

Un punto che non è stato toccato dal CDS è quello relativo alla dicitura “unito/a civilmente” sui documenti e ai relativi problemi di privacy.
Da un lato nel parere si sostiene – in generale e non per questo tema specifico – che sarebbe opportuno un parere del Garante della Privacy sul provvedimento, dall’altro però si conferma l’uso di questa dicitura che sarebbe, in buona sostanza, una sorta di coming out certificato sui documenti essendo le unioni civili riservate alle sole coppie gay. Dalla lettura del parere, in ogni caso, sembrerebbe però che tale dicitura sia indicata “negli atti e nei documenti riportanti l’indicazione dello stato civile a richiesta dell’interessato”.

In conclusione vanno invece ricordati, e apprezzati, gli inviti del Consiglio di Stato a rendere operativa il prima possibile l’applicazione della legge delle unioni civili, persino con un invito diretto al Ministro Alfano ad attivarsi in tal senso.

A questo punto non ci resta che aspettare gli ultimi passaggi: l’adozione formale del provvedimento da parte del Governo, il visto della Corte dei Conti, l’emanazione e la pubblicazione in Gazzetta, e il periodo di vacatio legis di 15 giorni.
Non siamo davvero certi che per ferragosto mangeremo confetti arcobaleno, come dice la Senatrice Cirinnà, ma a questo punto ci sono ottime speranze di celebrare le prime unioni civili prima della fine dell’estate.

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