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Kinky e Bdsm? Non è una fantasia esclusivamente (al) maschile

Parliamo delle infinite sfumature della sessualità. E più nello specifico, di Bdsm. E ne parliamo con Deborah Di Cave, già presidente del Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli di Roma e, come lei stessa si definisce, attivista nell’associazionismo Lgbt, in quello poliamoroso e femminista. Una dimensione, quella del kinky e delle sue emanazioni, legata anch’essa a stereotipi e a una rappresentazione di consumo. Ma cosa c’è davvero dietro?

Partiamo da una domanda: qual è la differenza tra kinky e Bdsm?

Kinky è una sessualità non convenzionale, giocosa, condita con feticismi, giocattoli, giochi di ruolo, ecc. Bdsm invece è un acronimo più complesso – che identifica il bondage, la dominazione, il sadismo e il masochismo (ndr) – che implica giochi, ma anche veri e propri ruoli e identità.

Come hai scritto in un tuo stato su Facebook, l’accesso a queste pratiche rientra in un immaginario specifico, estremamente condizionato dall’eteronormatività, che però è riduttivo della realtà.

Infatti, come ho detto in precedenza – parlando di una serata che sto organizzando, LesKinky – Only women BDSM party– tali pratiche rischiano di essere viste come una “perversione” residuale e per di più limitata all’universo che ruota intorno all’uomo e ad una visione maschile/maschilista dei “ruoli” sessuali. Mentre anche la dimensione femminile che va dall’amore alla sessualità, dal desiderio alla relazione tra donne le contempla.

In che modo?

È una questione di desiderio. Le donne amano e desiderano in infiniti modi le altre donne e, come ho già detto in precedenza, questi modi possono passare anche attraverso il “gioco”. Esso può contemplare, tra le altre cose, l’arte e la costrizione delle corde. Può passare per la gestione del dolore e del piacere, fino alla sperimentazione e alla pratica del rapporto dominazione/sottomissione, tra cura e controllo. Insomma, parliamo di infinite sfumature della sessualità. Esse fanno parte del “femminile” esattamente come appartengono al maschile di cui sopra.

Come ti sei avvicinata a questo mondo? Ci sono stati momenti in cui sei venuta a patti con la tua identità politica oppure esso fa parte di un percorso che armonizza i vari aspetti della tua identità?

Sono una donna bisessuale e politicizzata. Non ho mai avuto problemi ad accettare il mio desiderio di dominazione e la mia pratica di “gioco” bdsm. Così come ho mai sentito tale dimensione in contraddizione con il mio vissuto di militanza e con la mia adesione al femminismo.

Eppure il rischio dello stigma, attorno all’agito sessuale “non convenzionale”, è sempre dietro l’angolo…

Certo, e anche da parte di “cecchine” donne e lesbiche, nonché da parte del voyerismo maschile. Il rischio esiste e una critica che sento spesso è quella della caricaturalità. Ma vorrei far capire che le donne che vivono e agiscono questi desideri non ricalcano modelli maschilisti o machisti, allo stesso identico modo in cui una donna non imita un uomo quando indossa i pantaloni o quando usa uno strap-on. È la consapevolezza lo spartiacque. La differenza nelle pratiche la fa la consapevolezza di chi le agisce e non certo il fatto che una cosa sia nota come maschile o femminile.

E in nome di tale consapevolezza, a Roma ci sarà la prima serata a tematica Bdsm per sole donne.

Sentivo la necessità di creare uno spazio riservato, se vogliamo “protetto”. Come ho fatto notare in altre occasioni, gli uomini gay non hanno mai avuto problemi a costruire i luoghi e i percorsi della propria sessualità, anche quella che potremmo definire non convenzionale. In quei luoghi, non hanno mai avuto problemi nemmeno a tenere a distanza lo sguardo e le pratiche femminili. È arrivato il nostro turno. Ed era ora che esistesse un luogo ed un’occasione dove certi desideri e certe pratiche possano avere uno spazio sicuro, lontano da sguardi e fantasie maschili e di libera espressione – non giudicante e non giudicata – di tutte le sfumature della sessualità tra donne.

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