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Il governo è dimissionario: dove sono i decreti attuativi delle unioni civili?

Ricordate i decreti attuativi della legge sulle unioni civili? Quei “regolamenti” che permettono, come spiega il nome stesso, di attuare la legge in tutti i suoi aspetti? Secondo quanto stabilito dal testo della cosiddetta legge Cirinnà, il termine ultimo per l’emanazione dei decreti da parte del governo era il 5 dicembre, cioè ieri. Oggi è il 6 dicembre, il governo è tecnicamente dimissionario, ma dei decreti attuativi ancora non c’è traccia. Il rischio è che se si andasse ad elezioni senza i decreti attuativi, si blocchi l’attuazione della legge per intero. In realtà, i decreti ci sono: sono stati inviati alle commissioni parlamentari che devono esprimere il loro parare, ma non sono ancora stati emanati.

Intanto, siamo in pieno terremoto politico post voto referendario. Come sapete, infatti, a seguito della sconfitta al referendum sulla riforma costituzionale, il presidente del Consiglio Matteo Renzi si è dimesso e le dimissioni saranno effettive dopo l’approvazione definitiva della legge di bilancio (prevista per domani). Nell’attesa dei ecreti, le unioni civili sono state possibili grazie al cosiddetto decreto ponte, scritto con il solito ritardo dal ministro Angelino Alfano. Per sua natura, però, il decreto ponte è provvisorio, oltre a non coprire tutte le materie previste dalla legge, ed è previsto che scada all’emissione di quelli attuativi. La legge Cirinnà prevede la possibilità di prorogare la scadenza per l’emanazione dei decreti attuativi e così è stato. La nuova scadenza è il 5 marzo 2017 e dopo quella data neanche il decreto ponte sarà più valido. O almeno, così afferma il Consiglio di Stato nel suo parere dello scorso luglio.
Perché la scadenza non è stata rispettata e si è dovuto ricorrere alla proroga? E cosa succede adesso che il governo, praticamente, non c’è più?

La risposta alla prima domanda è la solita, purtroppo: ci sono stati dei ritardi un po’ per i tempi tecnici di scrittura dei decreti stessi, un po’ perché serve l’accordo di tutti i ministeri coinvolti (vediamo se indovinate quale ministro potrebbe avere giocato le sue carte per ritardare i tempi…). Tutto questo nonostante il ministro della Giustizia Orlando che era responsabile della redzione dei testi, intervistato da Gaypost.it, avesse garantito che sarebbero arrivati “entro agosto”. Tra una cosa e l’altra, alla fine è stata necessaria la proroga: del resto la storia della legge 76/2016 è una storia di rinvii e ritardi, perché stupirsi? Le conseguenze del referendum, insomma, sono solo la ciliegina sulla torta, non certo la causa.

Dal punto di vista tecnico, si tratta di ordinaria amministrazione a cui si potrebbe dare seguito in tempi brevi, a questo punto, ma cosa succederebbe si dovesse andare al voto prima che dell’emanazione dei decreti attuativi? Come detto in precedenza, il rischio è che si blocchi l’attuazione della legge fino a quando, dopo le elezioni, non sarà il nuovo governo a completare l’iter. La conseguenza per tutte le coppie che hanno già programmato o stanno programmando la propria unione civile è che potrebbe essere loro impedito di celebrarla.
Ministro Orlando, l’abbiamo chiesto a gran voce al suo collega Alfano quando toccava a lui, lo ripetiamo a lei: li “molliamo” questi decreti prima che ci ritroviamo con una legge di cui centinaia di coppie non possono neanche usufruire?

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