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Famiglie Arcobaleno contro Lega e integralisti: «Faremo Resistenza»

Famiglie Arcobaleno non ci sta. E arriva pronta la risposta ai vergognosi cartelloni omofobi prodotti da ProVita e da Generazione Famiglia. «Ogni giorno si aggiunge una tessera all’inquietante puzzle che integralisti cattolici e leghisti al governo stanno costruendo per soffocare un paese che, pur tra mille contraddizioni e difficoltà, rimane migliore e più aperto di quello che immaginano i politici al governo». Comincia così la denuncia che Marilena Grassadonia, Alessia Crocini e Samuele Cafasso lanciano in direzione del “governo del cambiamento”, dalle colonne di Sinistra Sindacale, organo interno alla CGIL. Vediamone più da vicino i contenuti.

L’attacco all’omogenitorialità

Marilena Grassadonia

I/le tre militanti sottolineano tutte le storture di sistema di una classe politica che sembra avere come obiettivo primario uno stato di guerra permanente contro le diversità. E tra queste storture, i rappresentanti di FA ricordano «la creazione di un ministero della Famiglia, rigorosamente al singolare, affidato a un ministro come Lorenzo Fontana, dichiaratamente omofobo». E non solo: FA fa notare «come primo obiettivo del suo mandato» non sia stato quello di avanzare «proposte per migliorare la difficile situazione delle famiglie italiane», bensì quello di dichiarare «guerra alle persone omosessuali».

L’attacco a divorzio, 194 e migranti

E purtroppo, nel mirino della cultura reazionaria e illiberale della Lega, non ci sono solo le persone Lgbt. Tra le altre criticità, il documento sottolinea «la messa in discussione della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza» con i fatti di Verona, la manifestazione neofascista a Milano «con ospiti d’onore Roberto Fiore, leader di Forza Nuova, e il ministro Fontana» e il grande attivismo politico del senatore leghista Simone Pillon «che punta all’abolizione del diritto di aborto» e «il disegno di legge che porta il suo nome, di rendere difficili e costose le separazioni» fino all’«apartheid ai danni dei bambini di Lodi» che non possono accedere alla mensa scolastica, come hanno denunciato tutti i media.

La strategia di leghisti e integralisti religiosi

E quindi arriva l’affondo contro i manifesti incriminati: «Un manifesto lesivo della dignità dei bambini, delle persone omosessuali e delle famiglie omogenitoriali» si legge ancora, che «sta infangando i muri di alcune città italiane per intimidire i sindaci e le sindache che hanno dato dignità alle famiglie con due mamme e due papà». La strategia è evidente: «Colpire le donne, i migranti, i bambini, le bambine, le persone Lgbt+, e umiliare le tante diversità che rendono grande questo paese». Ma Famiglie Arcobaleno non vuole restare con le mani in mano e lancia una sfida.

La reazione all’intolleranza: civiltà e resistenza

Il manifesto di ProVita

«La storia ci ha insegnato che l’unione tra l’estrema destra e l’integralismo religioso non produce mai nulla di positivo», si legge ancora nel pezzo a sei mani. E la strada sembra lì, davanti agli occhi di tutti e tutte noi: «Siamo tante minoranze che, tutte assieme, costruiscono la #Resistenza a un disegno oppressivo che non ha la forza di imporsi. Faremo mille collette per le mense dei bimbi figli di immigrati, mille manifestazioni per difendere le donne, continueremo a celebrare nei Comuni le unioni civili, a comprare nei negozi etnici (anche dopo le 21) e ad amare chi vogliamo».

Generazione Famiglia e ProVita non fanno un regime, fanno pena

All’integralismo religioso, a ben vedere, e alla cultura reazionaria e fascista di questo governo, le associazioni e gli uomini e le donne che hanno a cuore la democrazia possono reagire attraverso la resistenza e la disobbedienza civile: «Due uomini non fanno una madre, è vero. Fanno una famiglia, però» ricordano ancora Grassadonia, Crocini e Cafasso. Che non la mandano a dire a ProVita e a Generazione famiglia, artefici dei cartelloni in questione: «Due piccole associazioni di ricchi maschi bianchi eterosessuali spaventati dal mondo che cambia non fanno un regime. Ma fanno pena».

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