Storie

Sono una donna e sono stanca. Ma sono libera, liberissima

Riceviamo e con piacere pubblichiamo la lettera aperta della scrittrice Marta Casarini a proposito di donne e del dibattito politico attuale.

Ieri, lunedì 14 marzo, durante la mia prima mattina libera dopo settimane, ero a casa a caricare lavatrici. Accendo la tv – erano le nove di mattina – per tenerla come sottofondo mentre spolvero la libreria e le decine di cose inutili ma belle che accumulo in casa.
Le prime parole che sento provenire dal telegiornale sono:
“Una donna deve fare la mamma e basta” e “è la cosa migliore che le possa capitare”.
Controllo chi abbia detto quelle frasi, immaginando un vescovo incartapecorito, un passante intervistato per fare minutaggio.

Guido Bertolaso e Giorgia Meloni

Invece è Bertolaso, ex capo della Protezione civile, candidato a sindaco di Roma del centrodestra e trionfatore delle nominativamente raccapriccianti Gazebarie.
Nonché, mi viene in mente mentre recupero lo strofinaccio caduto per terra, coinvolto in appuntamenti particolari nei centri massaggi ai bei tempi dell’ultimo governo Berlusconi.
Ma cosa avrà mai ispirato tale perla di saggezza a un simile pulpito?

Giorgia Meloni, anche lei candidata del centrodestra a sindaco di Roma, donna. E incinta.
“Una donna non può essere mamma e sindaco, deve stare a casa a fare la mamma”.
Delle parole idiote sono delle parole idiote, non c’è motivo di ricamarci sopra.
Non c’è motivo di arrabbiarsi e indignarsi e scomodare altre parole per commentarle provocando una slavina di lettere inutili come soprammobili, e pure brutte.
Lascio correre. Pulisco la cucina. Preparo una lezione da tenere nel pomeriggio.

E nel pomeriggio, leggo su Facebook lo status di un mio amico appassionato ecologista che si batte per il “SÌ” al referendum del 17 aprile contro le trivellazioni nei mari.
Il suo status termina con l’hashtag “#trivellatuasorella”.
Questo mi fa prudere la piccola irritazione spuntatami la mattina.
Ma non scrivo nulla, devo scappare a lavorare.
Torno a casa, riaccendo la tv mentre preparo la cena. Stendo il bucato mentre c’è la pubblicità. Sto mescolando le verdure quando sento arrivare una voce: “…e mi ha scritto grassa e obesa e brutta, ma cosa vuoi querelare per quello, non si querela per un’offesa del genere. Io giudico le persone da quello che dicono e fanno, non dal loro aspetto fisico”.
È Patrizia Bedori a parlare, ex candidata sindaco di Milano del Movimento 5 Stelle, ritiratasi “per la troppa pressione da parte dei media”.
Arrivata a fine giornata, la mia irritazione mi invade il corpo, si infiamma, brucia.
Non sono di centrodestra, non concordo affatto con le idee della Meloni; non voto M5S, non condivido il qualunquismo e l’arrangiarsi politicamente. Non sono bigotta, né priva di senso dell’umorismo, non appartengo a nessuna associazione femminista. Ma sono stanca.
Il mio corpo, la mia vita, le mie scelte. E il rispetto che ho per le tue. Questo è ciò che alla fine del giorno vorrei sentirmi scivolare addosso: la sensazione di essere rispettata. Non l’acqua

Patrizia Bedori, ex candidata del M5S a sindaca di Milano

lercia del “ma cosa vuoi che sia”. Non l’irritazione che prude. Non tutto è concesso, non più. Non la risata crassa e lo sfottò immondo, non lo squallido disegnino di una donna a quattro zampe come un cane con una torre di petrolio che le spruzza sul sedere, e se dici “che schifo, è orribile” ti senti dire che sei noiosa. Noiosa. Bacchettona.

Sono una donna. Che lavora, fa le pulizie, pensa, parla quattro lingue, canta. Che ha dei nipoti e delle idee. Che ha rischiato di non potere avere figli e che a trentuno anni ancora non li cerca. Che ha un corpo con la pelle che si infiamma, con braccia larghe, pancia grande, tanti capelli e un sesso in mezzo alle gambe, come ce l’hanno tutte. Una donna che non accetterà mai, per quanto possa sforzarmi, di essere ostacolata dai pregiudizi altrui dal vivere una vita serena. Che è libera di scegliere cosa fare, dove andare, cosa pensare, quanto mangiare, cosa desiderare, di cosa ridere e per cosa arrabbiarsi senza che nessuno – femmina o maschio – abbia il diritto di denigrarmi.
Sono come tutte e come vorrei che tutte fossero sempre. Libera, liberissima, nonostante le grette stupidità. Soprattutto libera di far sfogare quell’irritazione e fare in modo che non torni più, non per nasconderla ma per debellarla una volta per tutte. Ribellandomi vivendo come meglio credo.
Come fa Giorgia, come fa Patrizia.
Come tua sorella.

 

Marta Casarini è una scrittrice di romanzi (“Anita friggeva d’amore”, Fabbri editore, “Nina Nihil giù per terra”, Voras) e racconti pubblicati in diverse antologie. Si occupa di laboratori creativi per bambini basati sulla letteratura italiana e inglese. Insegna inglese alla scuola Pingu’s English. Scrive anche sul suo blog e canta blues con lo pseudonimo di Dina Moe. Ama i gatti e cucinare.

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