Diciamocelo chiaramente: siamo un popolo che ama le polemiche. Il caso di Valeria Fedeli e la sua “falsa” laurea ce lo insegna, fino in fondo. Scateniamo tempeste perfette non tanto in bicchieri d’acqua, ma in tazzine di caffè. Vuote, per di più. Senza nemmeno renderci conto che dietro questi scandali a senso alternato, altro non c’è che mera convenienza politica. Agitata da personaggi che poi, in cabina elettorale, non ci si sognerebbe di votare (chi da una parte, chi dall’altra). Ma andiamo per ordine.
E cosa c’era di vero, dietro tutto questo? Sul curriculum della neoministra, sul suo sito, c’era scritto: «Finite le scuole mi sono trasferita a Milano per iscrivermi dove ho conseguito il diploma di laurea in Scienze Sociali, presso Unsas».
Tutto risolto, quindi? Ovviamente no. Perché da una parte, il popolo dalla facile indignazione – quello che l’altro ieri magari salutava il neo-eletto sindaco Alemanno a suon di saluti romani e mani ben tese e che ieri gridava onestà, all’indirizzo di Virginia Raggi, nella stessa location – continua a soffiare sulle fiamme dello scandalo. Dall’altra, invece, i soliti noti ne stanno approfittando come avvoltoi sulla gustosa carcassa del sistema dell’informazione italiana, dove la bufala ha più valore della verità, per averne la consueta visibilità.
«La Giannini è stata rimossa perché non aveva santi in Paradiso e anche per fare spazio alla senatrice che ha firmato la proposta per l’introduzione di una cultura gender nelle scuole: non c’è mai fine al peggio» sono, ancora, le parole di Giorgia Meloni. Colei che ha fatto il ministro (al maschile, a proposito di “gender”) della Gioventù, pur dando l’impressione di avere dimenticato la sua, di gioventù, incazzata com’è. Ma appunto, al peggio…
Ecco, quando i miei amici e le mie amiche – anche interni o vicini alla comunità Lgbt – agitano le sirene dell’indignazione di fronte a tutto questo, mi verrebbe da chiedere: è a questa gente che si vuole dar credibilità? Perché a gridare insieme l’urlo intonato da altri, si dà visibilità ad esso e a chi ne ha determinato la regia. Inevitabilmente.
E si badi, questo non significa che Valeria Fedeli sia esente da critiche, ma queste dovrebbero intervenire su alcuni fatti specifici. E cioè: non sul fatto che non è laureata – anche persone non laureate possono essere ministri e la laurea non è indice di capacità, basti vedere chi era l’ex responsabile di viale Trastevere, tale Stefania Giannini, o l’ex ministro degli Interni, al secolo Angelino Alfano – ma se è all’altezza del compito affidato. E per fare questo bisognerà valutarne gli atti. Su quelli, su come si comporterà politicamente, non ci saranno sconti. Ma smettiamola di vestire i panni delle groupies degli avanzi da ventennio, che palle!
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