Sulle unioni civili si è molto discusso, anche dopo l’approvazione della legge, per capire cosa davvero il testo consentisse e cosa no. Complici anche i ritardi, del decreto ponte prima e dei decreti attuativi poi, non è stato sempre facile districarsi nella nuova legge. Ora che tutto l’iter è definitivamente concluso, facciamo chiarezza in 10 punti. Eccoli.
La legge 76/2016 prevede che le unioni civili siano riservate alle sole coppie gay e lesbiche formate da persone maggiorenni, non sposate (o unite civilmente) o parenti o in stato di interdizione.
No, la legge regolamenta anche, a partire dal comma 36 del testo, alcuni diritti riservati alle coppie di fatto conviventi, sia eterosessuali che omosessuali.
Avviene davanti alla presenza di un ufficiale di stato civile e due testimoni e il decreto legislativo 5/2017 ha chiarito che la cerimonia deve avere le stesse formalità (fascia tricolore, sale delle celebrazioni etc…). A differenza del matrimonio non è necessario fare le pubblicazioni in Comune prima di procedere ad unione civile.
No, il Sindaco, in quanto pubblico ufficiale, ha l’obbligo di far unire civilmente due persone e se non vorrà farlo personalmente potrà al più delegare altri a celebrare; ma in nessun caso potrà impedire l’unione civile, altrimenti commetterebbe un reato e sarebbe perseguibile penalmente.
Per un espresso rimando sono tutti gli stessi diritti (e doveri) previsti dal contratto matrimoniale, ad eccezione della sfera relativa alla genitorialità. Per intenderci dunque si ottengono diritti ereditari, diritto al mantenimento, pensione di reversibilità, assistenza sanitaria, trattamenti fiscali etc.
La legge sulle unioni civili espressamente non estende alle coppie unite civilmente i diritti e le facoltà riservate alle coppie sposate in tema di genitorialità. Mentre, ad esempio, i figli nati in costanza di matrimonio diventano automaticamente figli della coppia, i figli nati in costanza di unione civili diventano figli solo del genitore biologico. Inoltre una coppia unita civilmente non può accedere all’adozione di un bambino o alle tecniche di procreazione medicalmente assistite in Italia.
No. La stepchild adoption (adozione del figlio del partner) contrariamente a quanto si sperasse non è stata inserita nel testo finale della legge, ma allo stesso tempo non è stata nemmeno vietata. E infatti diversi Tribunale hanno proseguito nel solco già tracciato nel tutelare l’interesse dei minori.
Le altre differenze sono minime se paragonate alla questione genitorialità. Fra queste ricordiamo il venir meno dell’obbligo di fedeltà fra le parti, la possibilità per la coppia di scegliere un cognome comune (in parte svuotata però dal decreto legislativo 5/2017) e infine il divorzio diretto breve (in 3 mesi) senza necessità di accedere prima all’istituto della separazione.
Si certo è possibile e acquisisce gli stessi diritti che si acquisiscono con il matrimonio, dal permesso di soggiorno fino alla cittadinanza. Oltre ai normali documenti previsti per i cittadini italiani sarà necessario anche avere un nulla osta per contrarre l’unione civile. Essendoci difficoltà ad ottenere questo nulla osta in alcuni paesi (che non prevedono unioni civili o nei quali addirittura l’omosessualità è reato) il decreto legislativo n.7/2017 ha previsto la possibilità di dimostrare che nulla osta all’unione civile con qualunque altro atto e perfino con un’autodichiarazione.
Non potranno unirsi civilmente e dunque procedere alla cerimonia, ma potranno invece trascrivere il matrimonio (o l’unione civile) che hanno contratto all’estero, che avrà effetti di unione civile in Italia.
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