Friuli fuori dalla rete Re.a.dy: giunta leghista contro associazioni Lgbt

Il nuovo corso della Lega in Friuli Venezia Giulia? Va in direzione contraria alla lotta all’omo-transfobia. Si apprende dal Gazzettino, infatti, che la giunta regionale ha deciso di «recedere dalla rete nazionale delle Pubbliche amministrazioni anti discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere (Re.a.dy)». A quanto pare, la nuova dirigenza – di centro-destra, a guida leghista – non reputa più prioritaria l’inclusione e la tutela delle persone Lgbt. Decisione che ha già suscitato reazioni e polemiche.

Lotta all’omo-transfobia? “Indebito indottrinamento”

Il presidente del Friuli, Fedriga

Scuole e famiglie «hanno strumenti sufficienti per insegnare e trasmettere i valori del rispetto e della diversità» dichiara l’assessora al lavoro, famiglia e istruzione, Alessia Rosolen. «Ogni altra iniziativa sul tema rischia di essere solo un indebito indottrinamento». La scelta della nuova giunta si inserisce, si legge ancora, «nel quadro di un complessivo riesame delle politiche regionali relative ai temi dell’inclusione sociale, delle pari opportunità e della non discriminazione». Ad esser preso di mira, soprattutto, è «un documento dichiarato vincolante per i partner che prevede una serie di attività, anche amministrative, aventi a oggetto esclusivamente le tematiche attinenti a Lgbt» approvato nel 2017. Sentite anche voi profumo di “gender”?

Serracchiani: «Ecco cosa vuol dire “prima gli italiani”»

Le reazioni dal mondo della politica non si fanno attendere: «Primo passo del presidente leghista Fedriga verso l’intolleranza» tuona Debora Serrcchiani, ex governatrice delle Regione. Che rincara: «Ci si può nascondere dietro una cortina di parole ma questo è il segnale che da oggi in Friuli Venezia Giulia le minoranze di qualsiasi genere saranno meno garantite. Questo per chi non avesse chiaro cosa significa esattamente “prima gli italiani”». Le fa eco l’ex assessora Loredana Panariti: «Indottrinamento? Apprendere i diritti umani? I diritti sono la base della democrazia e chiamare le persone e le discriminazioni col loro nome non significa fare gerarchie, come invece fanno loro».

L’indignazione delle associazioni Lgbt

L’assessora Alessia Rosolen

Le reazioni più dure arrivano dal mondo arcobaleno: le associazioni Lgbt friulane e giuliane, infatti, esprimono in una nota ufficiale «la loro indignazione per una decisione ideologica, del tutto aliena dalla realtà». A firmare il documento troviamo l’Associazione Universitaria Iris, Arcigay Arcobaleno Trieste Gorizia Onlus, Arcigay Friuli, Lesbiche del Nord Est – Lune e l’Avvocatura per i Diritti Lgbti – Rete Lenford. «Dinanzi alla drammatica situazione italiana» continua il comunicato «in cui le persone Lgbti+ si trovano a vivere, occorrerebbe aumentare gli strumenti di contrasto della discriminazione e non ridurli».

Le famiglie da sole non hanno gli strumenti

Le associazioni friulane ricordano, ancora, alla nuova giunta che la situazione italiana relativa alle discriminazioni e alla violenza contro le persone Lgbt è tutt’altro che rosea, come riporta una recente indagine di Amnesty International, soprattutto nelle scuole dove permangono episodi di bullismo e di isolamento a danno e proprio a danno delle generazioni più giovani. «Questa è la realtà che le persone LGBTI+ […] si trovano a vivere […]. Evidentemente le istituzioni e le famiglie non sono in grado da sole di dare risposte risolutive», continua il comunicato.

Così si legittima chi perpetra la violenza

Un momento del progetto scuole delle associazioni friulane

La scelta di ritirarsi dalla rete Re.a.dy è stata unilaterale e mai concordata con chi, sul territorio friulano, opera per il contrasto a bullismo e omo-transfobia, apprendiamo ancora. «Chi discrimina e perpetra ogni tipo di violenza nei confronti delle persone Lgbti+» accusano le associazioni «si sentirà ancora più legittimato a perseverare in pratiche aggressive e discriminatorie. Sappiamo, a questo punto, chi sarà il responsabile morale del prossimo attacco violento» contro la gay community. Segnali poco incoraggianti, insomma. Che fanno capire in che direzione andrà ogni possibile governo “del cambiamento” – regionale o nazionale, poco importa – che abbia partito come la Lega al suo interno.

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