Ddl Zan, è tempo della responsabilità: in piazza per una società migliore

Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’appello di Marilena Grassadonia* per le piazze di questo fine settimana

In questi ultime settimane lo scontro sul ddl Zan si sta facendo sempre più aspro.
Può sembrare strano che un testo che miri a tutelare persone ancora oggi discriminate nel nostro Paese, soggette a continui attacchi a causa di alcuni aspetti della propria identità personale (sesso, identità di genere, disabilità), sia così osteggiato.
Le motivazioni che stanno alla base di questa situazione sono molteplici.
Ma andiamo con ordine.

Prima del ddl Zan

Era il 1996 quando Nichi Vendola depositò alla Camera la prima proposta di legge contro l’omolesbobitransfobia. Allora non vi erano le condizioni politiche per avviare una discussione in Parlamento. Ma la presentazione del testo volle essere un segnale. Una pietra miliare posta sulla strada parlamentare per denunciare la necessità che una situazione già drammatica e che sarebbe esplosa negli anni successivi, dovesse esser affrontata.

Gli attacchi crescono con la visibilità

La storia ci insegna che più aumenta la visibilità di una comunità più gli attacchi che la colpiscono aumentano. Con le persone lgbt+ funziona allo stesso modo. Finché te ne stai in un angolo nascosto e “riservato”, insomma finché non disturbi il “regolare e tradizionale” andamento delle cose e la classica narrazione riconducibile alle “regole” della società patriarcale, puoi fare ciò che vuoi e nessuno ti attaccherà. Ma quando cominci ad alzare la testa, a raccontare orgogliosamente chi sei, a pretendere dignità e rispetto allora la musica cambia.

In questi ultimi anni il livello dello scontro si è alzato moltissimo e la motivazione è da ricercare soprattutto nel fatto che le persone lgbt+ hanno fatto della visibilità l’arma politica più importante.
Fare coming out, mettere la propria faccia sulle battaglie quotidiane, raccontare con orgoglio la propria storia è quel passo che ha modificato l’agire politico. La comunità è passata dall’attendere che venisse “concesso” uno straccio di diritto, a pretendere il riconoscimento di diritti pieni, quegli stessi diritti di cui godono i cittadini e le cittadine eterosessuali di questo Paese.

Ddl Zan: un’occasione da non sprecare

Marilena Grassadonia

Oggi con la possibile approvazione del ddl Zan siamo di fronte all’ennesima occasione per portare il nostro Paese un passo avanti sulla strada della civiltà. Un’occasione che non dobbiamo sprecare.
Una legge di civiltà, urgente e necessaria, che mira a restituire dignità a chi ancora oggi subisce discriminazioni e violenze per omolesbobitransfobia, abilismo e misoginia, mettendo nero su bianco il movente del crimine d’odio in una legge dello Stato.
Perché si sa: per fare in modo che le cose esistano, bisogna prima di tutto nominarle.

La tutela necessaria

Le tutele oggi previste per le vittime di violenza da omolesbobitransfobia, misogina e abilismo non sono sufficienti. Lo dimostra, banalmente, l’enorme numero di persone lgbt+, di donne e di persone diversamente abili che non trovano ancora il coraggio di denunciare perché non si sentono sufficientemente tutelate dalle leggi di questo Stato.
Le aggravanti di pena previste nel testo non sono certo “la soluzione”. Ma rimangono un passaggio importante per dire chiaramente che se agisci violenza, le conseguenze terranno conto del movente di quella azione.

I nemici del ddl Zan e della comunità

Chi sono coloro che attaccano con forza la comunità lgbt+ e il riconoscimento di pari tutele e dignità?
Ricordiamo cosa accadde a Verona appena due anni fa. Il congresso Mondiale delle famiglie fu l’esempio evidente di come la destra nazionalista, sovranista, europea e non solo, stesse portando avanti un disegno politico ben preciso che passa attraverso la posizione ideologica per cui la cosiddetta famiglia tradizionale sarebbe l’unica famiglia possibile e meritevole di attenzione, dignità e diritti.

La realtà ci racconta di bambini e bambine con due mamme e due papà che esistono e frequentano le stesse scuole degli altri. Ma a loro non importa. La loro “visione” del mondo è più importante di ogni altra cosa. Non mi sembra che il mondo sia esploso o che un meteorite ci abbia colpito perché esistono le famiglie arcobaleno. Ma queste rimangono ancora senza tutele.

Le donne più attaccate che mai

L’attacco alle donne è senza precedenti. Ci siamo ritrovate costrette a difendere diritti che sembravano già acquisiti e conquistati. Parlo, ad esempio della corretta applicazione della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, di attacchi di chi vorrebbe la donna esclusivamente nel ruolo di moglie, madre e angelo del focolare.

In questi ultimi mesi stiamo assistendo a una azione corale da parte delle destre di questo paese insieme a molte realtà cattoliche integraliste. L’obiettivo, attraverso atti politici in numerosi consigli comunali e regionali, è far entrare nei consultori delle nostre città le associazioni “pro life” (che dovremmo chiamare “no choice”) attraverso l’assegnazione di risorse provenienti da bandi pubblici.
In un Paese laico si dovrebbe gridare allo scandalo.

Se non sei madre, conti meno

L’autodeterminazione delle donne è una cosa seria e va difesa fino in fondo. Siamo capaci di decidere e pretendiamo di continuare a farlo. Soprattutto quando di mezzo ci sono le nostre idee, le nostre vite e i nostri corpi.
Il pensiero per cui una donna che sceglie di abortire deve necessariamente farlo con dolore e disperazione fa parte di quella narrazione di chi pone la donna che non è madre un gradino sotto le altre.
Le storie sono mille, diverse tra loro e tutte ugualmente da rispettare profondamente.

Il rispetto per le scelte

L’esempio plastico di come un’azione politica ispirata da una posizione ideologica possa diventare imposizione e violenza gratuita sulle donne lo abbiamo avuto recentemente a Roma. Lo scandalo dei feti seppelliti al cimitero Flaminio, con tanto di croci e nomi anche di quelle donne che non avevano mai dato indicazioni affinché si procedesse alla sepoltura, ci fa capire come si possa calpestare la dignità di una donna.
Da donna, lesbica e madre mi batterò sempre per il rispetto profondo di ogni scelta e per fare in modo che nei consultori ci sia posto per professioniste che con profonda laicità accompagnino le donne nel loro percorso. Non persone ideologicamente schierate che vogliono a tutti i costi imporre una scelta intima e importantissima come la maternità.

Due facce della stessa medaglia

L’attacco alle donne e alle persone lgbt+ sono due facce della stessa medaglia. Entrambi sono portati avanti da chi vuole imporre la propria visione misogina, patriarcale e omolesbobitransfobica alla nostra società.
Ed è soprattutto per questo che la battaglia sul ddl Zan diventa fondamentale e preziosa. Per le persone lgbt+ tanto quanto per le donne.

Contro il ddl Zan attacchi strumentali

Gli argomenti che vengono strumentalmente utilizzati per colpire il testo sono molti: dalla libertà di espressione, all’identità di genere, all’educazione alle differenze.
Motivazioni portate avanti utilizzando esempi presi da altri paesi dove, a fronte di leggi simili, i “casi” denunciati dai detrattori della legge (con un’analisi tutt’altro che puntuale delle specifiche situazioni a cui si fa riferimento) si contano sulle dita di una mano.
Per i casi di violenza, soprusi e bullismo a cui sono soggette le persone lgbt+, le donne e le persone diversamente abili di questo Paese invece non bastano centinaia di mani.
Ma non è una questione di numeri, è una questione di visione del mondo.

Le persone trans non sono una minaccia

E la mia visione del mondo è molto distante dalla visione del mondo di chi, per difendere una posizione ideologica sacrificherebbe volentieri la libertà e la dignità di persone discriminate.
Lo voglio dire chiaramente: io da donna, lesbica, madre e femminista non mi sento minacciata dalle donne trans. E con me sono tante le compagne femministe che la pensano allo stesso modo, a prescindere dal loro orientamento sessuale. La gara a chi è più discriminato è un concetto lontano dal mio modo di vivere e di vedere il mondo.
Qui c’è di mezzo la tutela di chi subisce discriminazioni per la propria espressione di genere perché chi decide di fare violenza, prima di agire, non chiede a che punto si sta dell’eventuale percorso di transizione.

Bugie per spaventare le persone

Il ddl Zan tutela le dimensioni dell’identità personale (tra cui il sesso e il genere) e non si inventa niente. L’identità di genere è un concetto presente ormai nel nostro ordinamento giuridico, in numerose sentenze della Corte costituzionale e della Cassazione, nell’ordinamento penitenziario e nella convenzione di Instanbul. Con la legge non si modifica la legge 164 del 1982 sui percorsi di transizione. Chi afferma questo pecca di disonestà intellettuale e vuole colpire l’immaginario collettivo con idee che arrivano alla pancia della gente spaventandola.

Come la gpa per le unioni civili

E’ lo stesso identico meccanismo messo in atto quando, durante l’iter parlamentare per la legge sulle unioni civili, si cominciò a parlare forzatamente della fantomatica ideologia gender nelle scuole o di Gestazione per Altri/e con l’unico obiettivo di affossare la stepchild adoption e impedire il diffondersi di una educazione plurale e inclusiva. La motivazione che sta alla base di queste posizioni è una soltanto: il rifiuto di tutto ciò che si colloca fuori dal perimetro della tradizione e da quello che loro definiscono il “naturale andamento delle cose”.

Scegliere da che parte stare

Sul tentativo di far passare questa legge come una legge bavaglio mi viene invece ormai da sorridere, se non ci fosse da piangere invece. Ho già detto chiaramente che chi ha voglia di insultarci può continuare a farlo. Questo è scritto chiaramente nell’articolo 4 del ddl Zan, con una precisazione squisitamente politica visto che la nostra costituzione già garantisce la libertà di espressione e il pluralismo delle idee.
Ma una cosa sono le idee, altro è l’incitamento all’odio e la violenza.
E chi non la pensa così sta chiaramente da un’altra parte della storia e vorrebbe continuare ad avere le mani libere per minacciare e agire violenza contro la comunità lgbt+, le donne e le persone diversamente abili.
Bisogna solo decidere da che parte stare.

Una questione culturale

Il punto centrale è la visione del mondo e, di conseguenza, la questione culturale.
In questo il Ddl Zan indica una direzione ben precisa attraverso azioni che riconoscono e smontano le motivazioni alla base di discriminazioni e violenze causate da omolesbobitransofobia, misoginia e abilismo.
L’istituzione del 17 maggio come giornata nazionale contro l’omolesbobitransafobia e la strategia nazionale dell’UNAR, favoriscono e avviano un lavoro culturale serio per un’educazione plurale che abbia alla base il rispetto delle differenze e di tutte le persone.

Sono profondamente convinta che sia proprio l’aspetto culturale il cuore della legge, ciò che trasforma un testo che parte da un piano di realtà in una legge di prospettiva che può contribuire alla costruzione di una società culturalmente più evoluta e socialmente più giusta.

Ddl Zan: niente di sacrificabile

Nella campagna di comunicazione a sostegno del DdlZan, lanciata da Sinistra Italina e dall’Unione Giovani di Sinistra, dal titolo “Nessun giudizio sull’amore” #noiamiamochicipare abbiamo voluto infatti mettere l’accento proprio su questo aspetto. Sull’importanza della cultura, della solidarietà tra pari, della presa di parola e di posizione da parte dei/delle giovani che abitano le scuole, le università, i luoghi di aggregazione giovanile. Perché il futuro del nostro Paese passa attraverso la formazione e la scuola.

E’ per questo che il ddl Zan è un testo da approvare subito nella sua interezza. Non c’è nulla di sacrificabile. Nulla.
E’ necessario che i partiti che hanno sostenuto il testo alla Camera lo sostengano senza altri tentennamenti al Senato. Ma l’appello, rivolto a tutti e tutte le parlamentari, anche di partiti con cui non abbiamo fatto percorsi politici condivisi, è di rendersi conto che un voto favorevole può cambiare la vita reale di molte cittadine e cittadini del nostro Paese.

Gli errori del passato da non ripetere

Non cadiamo nel “tranello” di chi improvvisamente ha deciso di presentare un altro testo dopo aver detto per mesi che il tema non era da affrontare perché non necessario e divisivo. Non ricadiamo nell’errore politico che fu fatto già con la legge sulle Unioni Civili, di trasformare un testo da iniziativa parlamentare in iniziativa di governo.
Lo stralcio della stepchild adoption rimane una ferita profonda. Facciamo tesoro della memoria e non ricadiamo negli stessi errori. Non ci sono parti sacrificabili in questo testo.

Ognuno faccia la sua parte per il ddl Zan

E’ arrivato il momento che ognuno/a di noi faccia la sua parte.
Ogni piccolo gesto è importante, non lasciamo sottinteso il nostro pensiero. Prendiamo parola, testimoniamo con le nostre azioni, con le nostre anime e i nostri corpi che ci siamo e che crediamo che una società migliore più giusta e inclusiva sia possibile.
Portiamo avanti questa battaglia di civiltà, ancora una volta. Tutte e tutti insieme.

Sabato nelle piazze di tutta Italia

Sabato e nelle giornate successive, con le compagne e i compagni di Sinistra Italiana, scenderemo in piazza in tutte le città, a fianco della comunità lgbt+, delle donne e delle persone con disabilità, per testimoniare il nostro impegno e la nostra presa di posizione chiara e netta a sostegno delle istanze che parlano di uguaglianza, rispetto e dignità.
Saremo sabato a Roma a Piazza del Popolo dalle 16 e in tutte le piazze organizzate nel nostro Paese, per dire chiaramente e con nettezza.
“Per la legge Zan e molto di più: non un passo indietro”
Ci vediamo in piazza!

#ddlzanemoltopiu
#dirittisenzaconfini
#sinistraitaliana
#noiamiamochicipare

*Marilena Grassadonia
Attivista lgbt+
Responsabile nazionale Diritti e Libertà di Sinistra Italiana

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