L’omicidio di Charlie Kirk è il caso di cronaca nera e politica che ha recentemente attraversato il globo terraqueo, per scomodare una terminologia cara alla destra. Tale evento ha costruito una narrazione del nemico interno che vale la pena riprendere. Per cercare di comprendere quale pericoloso crinale si sta percorrendo nelle fragili democrazie occidentali.
Prima di addentrarsi nel discorso, urge una premessa: è pensiero di chi scrive che la violenza politica vada sempre condannata. Uccidere una persona per le sue idee politiche, per quanto aberranti, è una modalità brutale che ricorda i peggiori regimi del secolo scorso e non la visione del mondo di chi si dice di sinistra. Questa morte, la sua genesi e gli elementi che la caratterizzano, dovrebbero invece essere motivo di riflessione su cosa genera certa violenza e qual è la sua matrice reale.
Chi era Charlie Kirk

Charlie Kirk era uno dei più noti esponenti Maga, le cui dichiarazioni hanno fatto discutere e hanno suscitato un certo orrore – dal punto di vista politico – per quella che i media chiamano “radicalità”. Forse sarebbe più corretto parlare di discorso d’odio. Dall’impedire alla figlia di abortire in caso di stupro con gravidanza annessa, alla citazione del Levitico per la lapidazione degli omosessuali, passando per negazionismo climatico e fake news sul Covid-19, il profilo di Kirk rappresenta al meglio un certo modo di stare al mondo – e sul web – da parte di un’utenza che ha perso la capacità di dialogare, per sostituirla con quella degli slogan urlati, delle parole che offendono, dell’hater speech contro migranti, donne, comunità Lgbtqia+, ecc.
La narrazione di destra
Sia negli USA, sia a casa nostra, certa stampa di destra – vicina alle istanze ultraconservatrici – ha gridato alla ferita della democrazia. Da una parte, perché quell’omicidio avrebbe spento una voce libera. Dall’altra, ravvisava colpevoli e complici, anche morali, nella compagine di sinistra. Ciò che è emerso è che, a causa di uno solo, tutta la sinistra mondiale è colpevole del clima d’odio contro “chi la pensa diversamente”. Clima poi degenerato nell’omicidio in Utah.
L’identikit del nemico perfetto

In poche ore, soprattutto sui social, si riversava una valanga di commenti sulla (presunta e mai acclarata) pericolosità delle sinistre del pianeta, colte in flagranza di incoerenza tra il “buonismo” predicato e la violenza agita, e capaci di arrivare all’eliminazione fisica dell’avversario, reo di pensarla con la sua testa. Ovviamente, restringendo il campo, tale identikit del nemico perfetto assumeva toni arcobaleno. Il killer – ancora non rintracciato dall’FBI, ma già sgamato dagli elettorati Maga e delle destre sovraniste europee – apparteneva alla comunità Lgbtqia+. Fino a quando il nome è venuto fuori.
Chi è l’assassino di Kirk
Il killer si chiama Tyler Robinson. E, secondo quanto riporta Fanpage «scopriamo che si tratta di un uomo bianco di una famiglia repubblicana dello Utah che amava le armi». Non proprio il profilo del perfetto “militante woke”, a dire il vero. E, apprendiamo ancora: «Robinson, dalle prime ricostruzioni, sembra essere un ragazzo cresciuto nell’hummus repubblicano, con una passione per le armi e un fascino per l‘universo del gaming».
In relazione ai bossoli ritrovati: dalle ricostruzioni, emerge che in uno di essi fossero scritte le parole “bella ciao”. Parole che in Italia possono essere facilmente ricollegate a un immaginario specifico, ma che all’estero – e in un paese così culturalmente lontano dal nostro – non possono essere automaticamente ricollegate a un’appartenenza politica. In merito a ciò, ricondurre le iscrizioni a un apparentamento a idee di sinistra è più un esempio di fantasy post-moderno che un esercizio di realtà. Come spiega Leonardo Bianchi sul suo profilo Instagram: «Robinson non ha preso ispirazione dai partigiani, dalla Resistenza e men che meno dall’attuale sinistra italiana». Quelle iscrizioni richiamano, appunto, il mondo dei videogame e c’entrano poco con ideologie e battaglie di sinistra, radicale o moderata che siano.
Le domande da porsi

Molte dovevano essere le domande da porsi. La prima, tra molte: perché questo ragazzo è stato educato all’uso delle armi sin da ragazzo? Qual è il contesto socioculturale in cui si producono certe forme di violenza? Che natura ha tale violenza? Più nello specifico: è violenza politica, costruita e strutturata dentro soggettività organizzate, o la sua genesi è da cercare altrove? E ancora: anche se fosse stato un esponente di sinistra, basta il gesto di uno solo per qualificare milioni di persone che votano a sinistra e le classi dirigenti dei partiti che si riconoscono in tale area? Se sì: come andrebbe valutata allora tutta la violenza, verbale e fisica, che si consuma negli ambienti di destra. Domande complesse, me ne rendo conto. Soprattutto per chi vota a destra.
Il pericolo della svolta autoritaria
La pericolosità di quel tipo di narrazione cui si accennava più su è evidente. Almeno agli occhi di chi legge i fenomeni sotto la luce della ragione. Narrazione che vede il colpevole non in un individuo specifico, ma in un’intera categoria di persone che, ricordiamolo, col killer nulla hanno in comune. Per capire di cosa si sta parlando, riporto le parole di Simone Alliva: «Questo è un vecchio copione. Quando il Reichstag fu incendiato da un membro del partito comunista nel 1933, il partito nazista fu rapido a capitalizzare sulla tragedia, incolpando non solo l’incendiario reo confesso ma un’ampia parte della sinistra».
Il boomerang autoritario
Una svolta autoritaria, volta a demonizzare l’avversario politico trasformandolo in nemico pubblico. Svolta che oggi potrebbe essere avallata da buona parte di quell’elettorato di facile indignazione sui social. E che segue teorie del complotto, no-vax, omofobo, sessista e contrario ai diritti umani. Ma che un domani potrebbe ritorcersi come un boomerang in pieno volto a quelle stesse persone che oggi gridano vendetta. Vendetta contro una ipotetica sinistra armata, terrorista e assassina che, nei fatti, esiste solo nella mente di chi ne sottolinea la pericolosità. Abitudine non nuova, a destra. Ma, non per questo, meno pericolosa.