Tutto esaurito. Sarebbe una splendida notizia, se parlassimo di un hotel o di una crociera. Il dato, però, arriva da To Housing, il progetto di co-housing aperto a Torino meno di un anno fa per accogliere persone LGBT+ con difficoltà abitative.
In 10 mensi, i 24 posti letto distribuiti in 5 appartamenti sono andati esauriti. Ma non è tutto. “Ottimi i risultati anche nell’ambito dell’accompagnamento al lavoro previsto dal progetto – fanno sapere da Quore, l’associazione torinese che ha ideato e gestisce il progetto -, con contratti di varie tipologie. Fra questi: un cantiere lavoro per un ospite, disoccupato di lunga durata in età adulta, presso la Città di Torino; un contratto a tempo determinato per uno degli ospiti diplomato e qualificato; tre contratti intermittenti (di cui uno con un’agenzia per il lavoro) per tre degli ospiti più giovani (di cui uno inserito in un percorso formativo di riqualificazione) e un contratto di tirocinio extracurriculare, finanziato dalla Regione Piemonte, con obiettivo occupazionale a sei mesi, e con percorso di riqualificazione e professionalizzazione interno che sarà finanziato dall’azienda ospitante”.
“E’ un dato che ha una doppia lettura – dichiara a Gaypost.it Alessandro Battaglia, presidente di Quore -. Da una parte possiamo leggerlo come un successo perché abbiamo individuato un bisogno reale e abbiamo dato la risposta che serviva. Dall’altro, è evidente che c’è un problema serio”. “E non è un problema che riguarda solo Torino – sottolinea Battaglia – perché i nostri ospiti arrivano da tutta la regione e da tutta Italia. Riceviamo richieste in continuazione, anche dalla Capitale, e a molte purtroppo non possiamo rispondere”.
Prima esperienza con queste caratteristiche in Italia, To Housing accoglie i suoi ospiti in appartamenti di proprietà ATC – Agenzia Territoriale per la Casa del Piemonte Centrale, di edilizia agevolata e non destinati alle graduatorie per le case popolari.
Il progetto, che sarà presentato oggi a Praga all’assemblea di ILGA Europe (l’organizzazione internazionale non governativa che riunisce 422 realtà LGBTQI di 45 Paesi europei), nasce non solo per rispondere all’emergenza abitativa, ma anche per attivare, proprio a partire da un bisogno primario e fondamentale come la casa, percorsi di reinserimento sociale.
I numeri parlano chiaro: a ricorrere alla struttura sono soprattutto giovani tra i 18 e i 26 anni allontanati dalle famiglie di origine a causa dell’orientamento sessuale. Ci sono,poi, migranti e rifugiati omosessuali, anziani LGBT in condizione di solitudine o povertà, persone transessuali e trans gender.
La struttura, oltre che delle stanze e degli spazi comuni, si avvale di un’équipe di accoglienza composta da educatori, psicologi e assistenti sociali che esamina le segnalazioni, svolge il primo colloquio e valuta l’accesso degli ospiti. La permanenza media prevista di 8 mesi può essere eventualmente estesa per completare il percorso di autonomia degli utenti.
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