Per Bergoglio un figlio gay non si caccia di casa ma si porta dallo psichiatra

“In quale età si manifesta questa inquietudine del figlio? È importante. Una cosa è quando si manifesta da bambino che ci sono tante cose da fare con la psichiatria o per vedere come sono le cose. Un’altra cosa è quando si manifesta dopo vent’anni”. L'”inquietudine” di cui parla Bergoglio sarebbe l’omosessualità di un figlio.
Sono trascorsi quasi trent’anni da quando l’omosessualità è stata eliminata dal Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali eppure il consiglio che papa Francesco si sente di dare ad un padre che scopre che il proprio giovane figlio è gay è quello di rivolgersi ad uno psichiatra.

Un brutto colpo per la narrazione mediatica di un papa più volte definito rivoluzionario e, dai più azzardati, considerato addirittura “gay-friendly”. Complice fu un discorso del 2013 giunto alle cronache giornalistiche con la frase “Chi sono io per giudicare un gay?”. Gli applausi scroscianti coprirono le parole seguenti di Bergoglio in cui affidava questo giudizio al Catechismo della Chiesa cattolica. Tuttavia, nonostante qualche tentativo per rinnovarne l’immagine, la Chiesa di papa Francesco è, nella sostanza, la medesima del meno adorato -quantomeno dalla comunità Lgbt+- Ratzinger.

Dopo lo schiaffo, in perfetto stile bergogliano il pontefice ha ammorbidito i toni sottolineando l’importanza dialogo del dialogo tra genitori e figli e ha quindi aggiunto che un figlio con “tendenze” omosessuali non va cacciato di casa.

 

A seguire il video con la risposta di papa Francesco su come un padre dovrebbe rapportarsi con un figlio gay tratta dalla conferenza stampa sul volo di ritorno dal viaggio in Irlanda.

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