Scalfarotto in Iran sigla accordi con chi impicca i gay: business is business

di Simone Alliva*

Renzi giunge a Teheran per una due giorni diplomatica e spariscono i diritti umani. Spariscono, come le statue nude del Campidoglio, inscatolati e nascosti per non offendere la sensibilità del presidente iraniano. Sobrietà assoluta, grande rispetto per il padrone di casa Hassan Rohani, “l’amico prezioso”, “il riformatore” com’è stato più volte definito dal governo italiano.

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La delegazione italiana al tavolo delle trattative in Iran

C’è il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che scherza con Rohani , la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini con l’hijab e il viceministro allo Sviluppo Economico, Ivan Scalfarotto, insieme alla delegazione di imprenditori. Sincronia totale. Poco importa se “l’amico prezioso” appena eletto Presidente in Iran ha fatto aumentare in maniera vertiginosa le sentenze di condanna alla pena di morte: 2300 da quando è entrato in carica.

Ivan Scalfarotto, inserito da The Economist nella lista delle 50 personalità più influenti al mondo nella promozione dei diritti lgbt, uno dei pochi gay dichiarati nel parlamento italiano, ha stretto la mano al presidente di una repubblica islamica dove gli omosessuali vengono impiccati in piazza e appesi alle gru. Sappiamo benissimo che le ragioni autentiche dell’avvicinamento tra Italia e Iran non sono di natura umanitaria: vi sono accordi di cooperazione in campo culturale e industriale. Tutto chiaro. Business, affari: è quello che conta. Ma impallidisce e scolora l’incapacità politica e umana del governo italiano rispetto ad altri paesi europei, persino alla contestata (per via del muro anti-migranti) Austria. Lì le proteste per la violazione dei diritti umani in Iran hanno portato all’annullamento della visita di Rohani all’ultimo minuto.

iranIl Centro Diritti Umani per le Vittime del Fondamentalismo aveva programmato la manifestazione a Vienna per il 30 Marzo, perché coincidesse con la visita del presidente iraniano. Inizialmente, alcuni quotidiani austriaci avevano riportato che il regime iraniano aveva chiesto al governo austriaco di cancellare tutte le manifestazioni, richiesta che Vienna sembra abbia respinto. I manifestanti iraniani solo pochi giorni prima avevano esortato l’Austria, gli altri governi europei (tra questi quello italiano) e l’Unione Europea a subordinare le loro relazioni con il regime iraniano alla fine delle esecuzioni e delle violazioni dei diritti umani in Iran. Ma l’Italia, si sa, non è l’Austria. Qui gli affari sono affari, poco importa se Scalfarotto in Italia firma un ddl contro l’omofobia: difendere omosessuali, lesbiche e trans, ammesso che sia possibile, sta di solito in fondo alla lista. A parole in cima, nella sostanza in fondo. Se poi sono stranieri peggio per loro. Molti si aspettavano un appello di rispetto per i diritti umani che non c’è stato.

Una politica estera disastrosa. In nome degli affari, Scalfarotto ignora concetti come la responsabilità pubblica, quella dignità personale che porta a reagire alle palesi ingiustizie con un gesto che dica: io non ci sto.

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Foto pubblicata dall’utente Twitter @nelleNOTE

In passato abbiamo più volte criticato Berlusconi per i suoi rapporti personali e professionali con due omofobi noti alla storia come Gheddafi e con Putin. Non gli abbiamo mai perdonato neanche una battuta: nel 2009 e Scalfarotto invitava Berlusconi, reo di aver fatto una battuta omofoba, a “godersi la vecchiaia in Iran, dove i gay vengono impiccati”.

Cosa è cambiato? Fare accordi economici con chi fa carta straccia dei diritti umani fa sempre schifo. Ci faceva schifo allora, ci dovrebbe fare schifo adesso. Un delitto politico. Nonché assolutamente in contrasto con la cultura della solidarietà che non solo ha connotato la formazione politica dalla quale lo stesso PD trae origine, ma che è propria anche dei grandi partiti socialdemocratici a cui oggi il PD è collegato.

*giornalista de l’Espresso

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  • Fulu
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    Posso capire che Scalfarotto possa non piacere come persona e come politico, ma qui si ignora, o si fa finta di non vedere, il punto centrale di tutta la questione. L’aver fatto di Scalfarotto, omosessuale dichiarato, il rappresentante italiano (secondo solo al Presidente del Consiglio) degli interessi strategici italiani in Iran è una scelta dal significato politico ben preciso e limpido: è stata a tutti gli effetti una sfida al regime iraniano. Una sfida che l’Italia ha portato avanti nonostante le pressioni da parte iraniana facilmente immaginabili. L’Iran è stato costretto dal primo Governo occidentale in visita ufficiale dopo la fine dell’embargo ad accogliere con tutti gli onori un omosessuale dichiarato. Il Governo Italiano ha costretto le più alte cariche dello stato iraniano a stringere la mano, a sedersi al tavolo, ad avere come principale interlocutore un omosessuale dichiarato. I primi accordi economici in terra iraniana da diversi anni a questa parte hanno la firma di un “frocio”, “un frocio” accolto con tutti gli onori e non con la forca, come è invece la prassi. Chi si è piegato alla logica del “business is business” è l’Iran, non l’Italia, che si è fatta rappresentare con orgoglio e senza lasciarsi intimorire da un omosessuale in un paese dove gli omosessuali non sono graditi, per usare un eufemismo. Hollande ha cercato di fare la stessa cosa con il Vaticano, imponendo un ambasciatore gay. Non ci è riuscito e ha la Francia ha dovuto ritirare la nomina. L’Italia ha imposto Scalfarotto come capo-delegazione all’Iran e non si è tirata indietro, poi si può ignorare la cosa.

  • Talli
    Rispondi

    “Chi si è piegato alla logica del “business is business” è l’Iran, non l’Italia”.

    Incredibile. Ma guardare la realtà, ogni tanto, no?

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