Pensavate che gli ostacoli contro le unioni civili fossero finiti? Vi sbagliavate

Con l’emanazione dei decreti attuativi si pensava che si fosse messa la parola “fine” alle querelle che hanno visto alcuni sindaci tentare in ogni modo di ostacolare le unioni civili. E invece c’è ancora chi non si arrende. È il caso della sindaca di Stezzano (Bergamo) Elena Poma che guida una giunta della Lega Nord in alleanza con Forza Italia.

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La sala matrimoni e lo sgabuzzino per le unioni civili

Di Stezzano, Gaypost.it aveva già parlato quando la sindaca aveva deciso che le unioni civili si sarebbero celebrate in uno sgabuzzino. Lo scorso dicembre, il Tar della Lombardia aveva bocciato la delibera della sindaca dopo che una coppia gay, assistita dagli avvocati Miri e Giavazzi di Rete Lenford aveva, fatto ricorso. Il tutto era costato alle casse del comune di Stezzano e, quindi, ai suoi cittadini una cifra pari a circa 12.000 euro.

La sindaca torna alla carica

Ora Poma torna alla carica e nella seduta del consiglio comunale dello scorso 28 aprile ha annunciato che ricorrerà al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar. In barba ai decreti attuativi che stabiliscono la parità di trattamento tra matrimonio e unioni civili, la sindaca cercherà in tutti i modi di imporre lo sgabuzzino alle coppie gay, contro la sontuosa sala destinata a quelle etero. Per il ricorso al Consiglio di Stato, il comune ha già impegnato, secondo quanto riporta BergamoNews, 2042 euro e un nuovo processo rischia di costarne 6377.

Esposto per danno erariale

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Lo sgabuzzino con il nuovo arredamento

“Avevamo già chiesto alla sindaca, in consiglio comunale, se intendesse far pagare agli stezzanesi il costo della sua posizione ideologica e discriminatoria o se intendesse prendersene la responsabilità personalmente – scrive in una nota Marco Arlati, Presidente di Arcigay Bergamo -. Ora la nostra domanda troverà risposta nella denuncia presentata dalla lista ‘Stezzano bene comune'”. La lista ha infatti presentato un esposto alla Corte dei Conti ipotizzando un danno erariale per i soldi che il comune ha dovuto spendere per queste iniziative, e relativi processi, voluti dalla sindaca.

“Il tutto per una volontà chiara di colpire i cittadini gay di Stezzano e di riflesso tutti i parenti e gli amici degli stessi – continua Arlati -. Non solo, questa azione personale colpisce anche l’immagine di tutti i cittadini di Stezzano, che a causa della sindaca Poma passano per essere un comune omofobico, cosa assolutamente non vera. Basti pensare che la squadra di Stezzano di basket ha aderito, insieme ad altre 30 squadre bergamasche, all’iniziativa ‘Bergamo in campo contro l’omofobia’“.

“Se il Consiglio di Stato le darà torto, si dimetta”

In attesa della Corte de Conti – conclude Arlati -, rivolgiamo alla sindaca una nuova domanda: nel caso il consiglio di Stato dovesse darle nuovamente torto, lei si assumerà la responsabilità politica di questa ulteriore sconfitta delle sue azioni personali, contrarie alla legge italiana e creatrici di discriminazioni, dando le dimissioni? Stezzano non merita di essere additata come un luogo di fanatismo omofobo”.

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