Non un libro di storia l’ultimo saggio di Simone Alliva, Fuori i nomi – Intervista con la storia italiana Lgbt (Fandango, 2021). Semmai, un libro di storie. Quelle di uomini e donne che, negli ultimi cinquant’anni, hanno dato corpo al movimento Lgbt+ italiano. È non è un caso che sia uscito di recente, qualche settimana addietro, a ridosso della Giornata Internazionale contro l’omo-bi-lesbo-transfobia. Il 2021 è, infatti, l’anno che celebra il cinquantenario della nascita del movimento arcobaleno italiano. E Alliva, che sa fare bene il suo mestiere, ha deciso di dar spazio (e voce, sotto forma di parole) a chi questa storia l’ha abitata.
A un anno di distanza dall’uscita di Caccia all’omo, Alliva torna con un saggio giocando sapientemente con i suoi punti di forza: lo stile giornalistico sapientemente intrecciato con venature narrative. Non invade lo spazio della persona intervistata, ma ne definisce i contorni umani. E in questa cornice inanella le vicende e le testimonianze di attivisti e attiviste quali Angelo Pezzana, Giovanni Minerba, Massimo Milani e Biagio “Gino” Campanella, Graziella Bertozzo, Titti De Simone, Porpora Marcasciano, Vladimir Luxuria e molti altri nomi che risuonano all’interno della nostra comunità.
Ma sbaglieremmo a credere che sia un testo di memoires, Fuori i nomi. Certo, la dimensione del ricordo ci riporta ad una dimensione biografica e, laddove si scivola nel passato, c’è sempre il rischio di una malinconia di sottofondo. Non è questa l’intenzione dell’autore. Che sembra invece pervaso dalla necessità – soprattutto in tempi come quelli in cui viviamo, dove il dibattito sui diritti delle persone Lgbt+ vede nella comunità arcobaleno la grande assente sui media, quanto meno quelli generalisti – di ridar voce a chi ha qualcosa da dire. Con la forza dell’esperienza. Con un ulteriore obiettivo: tracciare un limite sullo stato delle cose, per capire non solo la strada fatta, ma anche il punto in cui siamo.
C’è vita sussurrata, narrata o addirittura urlata, nelle pagine di Fuori i nomi. Non potrebbe essere altrimenti. I nomi che vengon fuori sono “pesanti”. Hanno, cioè, una loro collocazione nel fluire della storia che fanno la differenza, che segnano un punto tra un prima e un dopo. E, ancora: è un libro non solo per chi vuole indagare nel passato, per scoprire quella strada intrapresa. È un’opera per chi verrà dopo, allo stesso tempo. Perché senza radici, non c’è slancio alcuno. Verso il futuro, soprattutto. Alliva ci fa dono di pagine preziose, con cui omaggia la comunità Lgbt+. E lo fa con la sua delicatezza e la verità, affidata alle parole di chi l’ha vissuta. Non poteva esserci regalo migliore, per i cinquant’anni della nostra comunità. Per mezzo secolo di noi.
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