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San Berillo sul web: dalle “luci rosse” di Catania al recupero dell’umanità

Si chiama San Berillo Web Serie Doc e narra la vita del quartiere “a luci rosse” di Catania: è così che vogliono raccontare la città, i ragazzi e le ragazze del Progetto Trame di Quartiere, realizzato nel corso di documentazione audio visiva tenuto da Maria Arena – regista e docente di digital video all’accademia di belle arti di Milano Brera, di Catania e di Palermo – e portato avanti, tra gli altri e le altre, da Massimo Finistrella, uno degli animatori del laboratorio, che ha raccontato a Gaypost da dove è nata l’idea di questa iniziativa.

Come nasce l’idea della web serie

«Tutto è partito da un progetto di rigenerazione urbana, vincitore del bando Boom Polmoni Urbani», ci racconta Massimo. «Si voleva creare un laboratorio di documentazione audiovisiva rivolto non solo a film maker o registi ma anche ingegneri, architetti, psicologi e costituire un gruppo eterogeneo che potesse fare delle ricerche approfondite sul quartiere con l’obiettivo di conservarne la memoria storica e, allo stesso tempo, documentarlo così com’è oggi. La serialità consente questo procedimento in una prospettiva potenzialmente illimitata».

Cosa accade a San Berillo

San Berillo, negli ultimi anni, è stato al centro di diversi interventi dal basso. «Si è costituito un Comitato di Cittadini Attivi che rappresenta tutti gli abitanti del quartiere. Si cerca, tramite una rete di convenzioni con associazioni, di rimediare alle carenze che sussistono» ci dice ancora Finistrella. «Si pensi alla Lila che offre l’unico servizio di supporto psicologico e prevenzione contro le malattie per le prostitute o uno sportello sanitario rivolto agli immigrati». Accanto a queste azioni, anche quella di raccontare quei posti: «Il nostro progetto richiama l’attenzione non partendo esclusivamente dai disagi che il quartiere vive, ma puntiamo anche alle sue potenzialità ».

Le storie delle persone, poi il resto

Ed è questa la sensazione che ti coglie, vedendo i video dedicati soprattutto alla vita delle persone trans (potete visionarli su Youtube, qui e qui). Si percepisce il tentativo di raccontare la città attraverso il suo quartiere. Perfetta sineddoche del presente, la parte vuol rappresentare il tutto ma in un particolare momento della storia narrata. Si parte dallo sguardo della gente comune, con le sue ingenuità – a ben vedere, la parte più vera, quella che subito ti arriva allo stomaco – per poi arrivare alla gente che lì vive. E delle persone trans, dei “travestiti e dei jarrusi”, non racconta la prostituzione, ma la profonda umanità. Al centro c’è la vita di tutte loro e dentro questa, in mezzo al dolore e ai sorrisi, ci trovi anche tutto il resto.

Il rapporto con le istituzioni

Una vita non semplice per altro. Anche nel rapporto con le istituzioni: «Nella web serie il rapporto con esse è un aspetto fondamentale. Da un lato le istituzioni hanno chiuso il quartiere murando le porte dei palazzi per evitare nuove occupazioni da parte di senzatetto o prostitute. Sono state poste delle transenne all’ingresso di alcune vie per motivi di sicurezza: il quartiere continua a crollare, senza che si provi a intervenire concretamente». Una soluzione possibile a tutto questo? «Ad esempio un censimento dei proprietari che li chiami direttamente in causa», ipotizza Finistrella.

Uscire dall’ottica della criminalizzazione

La questione immobiliare, tuttavia, non è l’unico problema esistente: «Abbiamo intervistato e portato nel quartiere l’assessore alle politiche sociali, Angelo Villari, e lo abbiamo incalzato sui problemi che interessano le ragazze che si prostituiscono e le comunità di immigrati che vivono qui. Eppure, nonostante l’impegno, troppo poco è stato fatto dal punto di vista delle alternative lavorative per questi cittadini. Si continua a criminalizzare la prostituzione e ci si preoccupa della caccia ai clienti come se questo comporti il degrado della città».

San Berillo e la città

Ci sono diverse visioni, spesso inconciliabili su questa realtà. «In generale c’è parecchio entusiasmo e voglia di fare. C’è il desiderio di riappropriarsi di questa parte della città» ci dice, ancora, Finistrella «c’è il desiderio di dare una mano a chi ci abita e vive situazioni di disagio». Dall’altra parte, tuttavia, ancora in molti lo considerano come un luogo pericoloso e foriero di delinquenza, sebbene tale visione stia gradualmente trasformandosi.

Un giardino dove ritrovarsi

E i progetti per il futuro non finiscono qui: «Attualmente Trame di Quartiere sta partecipando al bando Aviva, per ricevere un finanziamento e portare avanti i lavori di ristrutturazione del cortile di Palazzo de Gaetani, luogo dove si svolgono le nostre attività».

Questo “giardino comunitario” dovrebbe diventare punto di ritrovo per gli abitanti del quartiere e offrire servizi e attività di integrazione. Per offrire non solo l’occasione di raccontarsi, uno spazio dove vivere (e non solo sopravvivere), ma anche un luogo dove poterlo fare.

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