È l’ultima fatica letteraria di Claudio Volpe, La traiettoria dell’amore. Il giovane scrittore, allievo di Dacia Maraini, al suo settimo libro, ha deciso di raccontare una storia sentimentale tra due donne che si intreccia con una drammatica vicenda familiare. Andrea e Sara, infatti, stanno insieme e vivono la loro quotidianità che viene stravolta quando Giuseppe investe una ragazza in automobile e fugge a casa della sorella Andrea, in preda al panico. Da quel momento, tutto è destinato a cambiare. Abbiamo chiesto a Volpe di parlarci del romanzo e dei progetti del futuro.
Credo che uno scrittore possa raccontare tutto, quantomeno provarci. Questo è il suo compito: immedesimarsi al punto tale da fondersi e confondersi con i suoi personaggi. La scrittura, in primis la costruzione di una storia, è un esercizio per la coscienza e l’immaginazione, potremmo dire per l’anima laicamente intesa. Questo esercizio serve poi per vivere perché insegna l’immedesimazione nell’altro e la comprensione delle sue istanze. È empatia.
Scrittura come imitazione della realtà, dunque?
Diversi anni fa, lo scrittore Cesare Milanese nel presentare un mio romanzo al Premio Strega, scrisse che la mia scrittura aveva qualcosa di particolare, una sorta di “bisessualità” delle parole, come di un narratore che scrive al contempo da uomo e da donna. Per me fu un grande onore. Non so se ciò sia vero. Spero di sì. Riguardo alla storia di Andrea e di Sara posso dire di aver provato a raccontare una storia d’amore come ce ne sono tante eppure esclusiva nella sua unicità. Le persone cambiano ma l’amore resta a prescindere dal sesso e dalla sessualità o forse proprio in ragione di essi. Ognuno è ciò che è. L’amore, invece, è sempre amore.
Una voce fondamentale di tutto il romanzo è rappresentata dai rapporti familiari. Che ruolo ha avuto la famiglia nella tua vita?
Forte è anche il tema del ritorno alle origini. Che ruolo occupa, nel tuo immaginario, il legame con esse?
Le origini sono le nostre radici. Non è detto che siano sempre radici buone. Spesso e volentieri non lo sono. Ciò che conta è imparare a conoscerle così da potersi evolvere e superare. Io ho origini varie: sono nato a Catania, ho vissuto la mia infanzia nel Cilento e poi nell’agro pontino. Questa infanzia nomade mi ha fatto comprendere che la patria di ognuno di noi non sta nella terra, in un luogo preciso, ma nelle persone.
Parliamo di attualità: cosa pensi degli ultimi progressi della legislazione italiana sui diritti delle persone Lgbt?
Se penso però al modo in cui questa legge ha consacrato giuridicamente la discriminazione per cui le coppie gay unite civilmente non sono una famiglia e non si fondano sull’articolo 29 della Costituzione, ma sull’articolo 2 che tutela i diritti individuali, all’eliminazione della stepchild adoption, alla pur simbolica e inutile privazione dell’obbligo di fedeltà, non posso non provare un po’ di rabbia per questo paese ancora così arretrato e cieco. Ma la speranza per il futuro è più forte.
Parliamo del futuro. Cos’hai in cantiere?
Scrivere, scrivere e scrivere ancora. Raccontare tante storie diverse, raccontare l’indicibile, l’umanità, la complessità delle cose. E poi, dopo anni e anni di studio, diventare magistrato.
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