È l’autore stesso di Generations of love ad essere consapevole di quanto lontano da lui sia questo tema, e questo romanzo, che pure sente profondamente suo. Nato davanti al mare d’inverno a Palma di Maiorca come traccia per un cortometraggio, insieme al regista Max Croci, si è poi trasformato in qualcosa di troppo articolato per essere racchiuso in un breve film. Si tratta in effetti di una storia difficilmente incasellabile – spiega Bianchi ai blogger intervenuti all’anteprima – che miscela profondità e commedia, un tema indiscutibilmente religioso in un contesto decisamente laico. Quella che appare alla giovane Betty è infatti una Maria diversa da come la immaginiamo. Non ha verità da rivelare, consigli da elargire o compiti da affidare. Al contrario, chiede soltanto di non essere interrogata su questioni profonde sulle quali non risponderebbe. Il suo solo desiderio è riprendersi l’adolescenza che non ha mai avuto, e farsi, per Betty, null’altro che un’amica, con la quale fare ciò che fa una ragazza di oggi, incluso andare al supermercato.
E davanti a questa Maria consapevole “bidimensionale”, Betty non può che sentirsi in perenne difetto, sentire la banalità del suo quotidiano a fronte di una tale ospite. Mentre lei sperimenta il senso di invisibilità che sembra rievocare una parabola adolescenziale con il suo carico di esigenza di piacere, in cui chiunque le sembra più adatto di lei a portare questo insolito fardello, Maria chiede esattamente ciò che lei le offre. Sarebbe altro ad essere banale, per lei: quell’alterità a noi tanto distante. Si tratta di una “Maria osservatrice”, che dice di non voler cambiare nulla, eppure inevitabilmente condiziona la vita della giovane nuova amica.
In una storia a tema religioso c’è un respiro decisamente laico, per quanto Bianchi si tenga lontano dall’iconoclastia. Il protagonista del romanzo è in realtà il valore della quotidianità, e la possibilità della vita di essere sempre “interessante”, perchè, in fin dei conti “siamo tutti un po’ banali, ingenui e spaventati dal mondo”. Potrebbe esserlo persino Maria, una volta sperimentato questo percorso tutto umano? Un romanzo, Maria accanto, che secondo Bianchi “nel bene e nel male, avrei potuto scrivere soltanto io”, elaborato “per me stesso, sperando ci siano altri come me”. Come un autore che non vuole, afferma, “rappresentare individui, ma raccontare azioni rappresentative” di un tempo di un contesto preciso. Così accade anche per Betty, che nelle sue insicurezze lo riflette. Sulla base di un’amicizia che non dimentica una disparità che non può essere colmata, è il disagio umanissimo di Betty ad assumere connotati a proprio modo, quando non divini, sicuramente di un valore da ritrovare.
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