Arrivi stanco, alla fine di un’altra settimana intensa in cui hai rubato tempo alla tua vita (poco per fortuna, perché ormai ho imparato a prendere la giusta distanza) per rispondere alle offese contro tuo figlio e la tua famiglia, come quelle che il quotidiano Avvenire ha riportato pochi giorni fa.
Quindi ti segnalano il post di un ex esponente gay che forse ormai rappresenta solo se stesso e non lo sa, che afferma che è giusto che si dica di tuo figlio che è stato comprato, perché secondo lui è la verità dei fatti. E perché se decidi di essere visibile (anzi lui addirittura accusa te – o tuo marito? – di usare i figli come manifesto politico) il personale e le relazioni familiari assurgono a discorso pubblico.
Io non intendo proprio fare la vittima. E nemmeno il carnefice.
Né intendo confrontarmi con chi giudica le vite degli altri, offende e pretende pure di avere ragione.
Perché a me di entrare in una spirale d’odio proprio non interessa, visto che fortunatamente la vita con me è stata generosa e mi regala ogni giorno molto di meglio da fare.
Di certo, però, non resterò in silenzio, non mi nasconderò, continuerò ad essere visibile.
Continuerò a pubblicare le foto dei miei figli e a raccontare la bellissima storia di come sono venuti al mondo, la generosità della persona che li ha portati in grembo e che continua a far parte della loro vita, l’amore che hanno ricevuto e quello di cui sono circondati giorno per giorno.
Contrariamente a qualcun altro che forse agirebbe così nella propria vita e con la propria famiglia, io non faccio dei miei figli una bandiera o una causa politica.
Singolare poi la differenza di trattamento che viene riservata tra genitori e genitori: come mai se un genitore eterosessuale pubblica le foto dei figli si manifesta tenerezza e non si mette in considerazione la componente dell’ostentazione, mentre se la pubblica un genitore omosessuale è un manifesto politico?
Credo che certe persone, forse, dovrebbero cominciare a fare i conti con la loro omofobia interiorizzata.
Io non intendo lasciarmi condizionare dagli attacchi gratuiti, meschini, dall’ignoranza e dal livore e dalla cattiveria immotivati: continuerò ad amare i miei figli, a vivere con loro, e quando mi sentirò di farlo anche a condividere il mio amore per loro.
E ai continui attacchi risponderò dunque solo indirettamente, con la felicità della mia famiglia.
Perché, come diceva Alda Merini, “non c’è niente che faccia più impazzire la gente che vederti felice”.
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