Aveva appena salutato il suo ragazzo con un bacio, sul lungomare e si stava dirigendo verso casa a bordo della sua bicicletta quando è cominciato l’inseguimento, gli insulti e la paura. È successo giovedì sera a Pescara ad un volontario del locale circolo Arcigay Chieti. La denuncia arriva proprio dall’associazione che ha diffuso una nota per raccontare l’accaduto.
L’inseguimento e gli insulti sono andati avanti per un po’. In preda alla paura, il ragazzo racconta di avere chiamato prima il 113 senza ricevere alcuna risposta e poi la Questura che, però, gli ha detto di rivolgersi al 113. E non è tutto. Neanche una pattuglia che passava di lì è corsa in aiuto del giovane. Tuttavia, il passaggio degli agenti è stato sufficiente a fare scappare i due inseguitori.
Il giorno dopo, il ragazzo si è recato sia in Questura che dai Carabinieri per sporgere denuncia: in nessuno dei due casi, però, la sua richiesta è stata accolta. La motivazione? Secondo quanto riporta l’associazione, gli agenti non avrebbero ritenuto di dovere accettare la denuncia perché, a loro avviso, non ci sarebbe stato alcun reato.
Torna, quindi, a pochi giorni dalla Giornata Internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, il tema della legge che in Italia ancora manca.
Lo ricorda la stessa associazione come il ddl che avrebbe dovuto includere l’omofobia tra i reati perseguibili ha “è arenata ormai da anni proprio a causa di posizioni di veto davvero incomprensibili”.
Sulla vicenda, l’associazione ha chiesto un parere all’avvocato Andrea Cerrone. “In casi come questo, ancorché shockanti e paralizzanti, bisogna tentare di farsi coraggio, urlare vigorosamente, attirare l’attenzione dei passanti e, se possibile, riuscire a raccogliere qualche elemento che valga ad identificare gli autori di queste poderose gesta medievali – consiglia il legale -. È vero che l’ingiuria è stata recentemente depenalizzata, ma è altrettanto vero che rimane illecita ed è previsto l’obbligo alle restituzioni ed al risarcimento del danno, oltre che l’obbligo di pagare una sonante sanzione pecuniaria civile, che va da 100 ad 8.000 euro”.
Secondo l’avvocato, poi, stando al racconto ci sarebbe anche la possibilità che i due inseguitori debbano rispondere di violenza privata. È un reato che si configura “ogni volta che qualcuno, con violenza o minaccia, costringa qualcun altro a fare, tollerare od omettere qualcosa”. “Usare un’automobile per inseguire un ragazzo in bicicletta, arrestare la marcia, spegnere i fari, attendere che si avvicini, vomitargli addosso offese con tono minaccioso – spiega l’avvocato – e poi, ancora, spostarsi più avanti, aspettare che passi di nuovo e tendergli lo stesso agguato, non so per quante volte complessivamente, non è soltanto raggelante, ma è anche un reato”.
Apparirebbe quindi incomprensibile la decisione degli agenti di polizia e carabinieri di non accettare la denuncia del ragazzo. “Rimango basito dalla risposta frettolosa che ha rimediato questo ragazzo dalle Forze dell’Ordine cui si è rivolto – commenta Cerrone -. Non è compito degli Ufficiali di Polizia giudiziaria decidere se una determinata condotta celi o meno un’ipotesi di reato. Essi sono obbligati a raccogliere le denunce”. È poi il giudice a svolgere le indagini. Infine, l’avvocato consiglia, a chiunque dovesse vedersi negare la possibilità di denunciare, di rivolgersi ad un legale. “La violenza privata è punibile d’ufficio – conclude Cerrone -; dunque la Polizia Giudiziaria (od il P.M.) che leggesse dovrebbe immediatamente riconvocare questo ragazzo, scusarsi per l’inconveniente, ed ascoltare con attenzione quanto ha da dire”.
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