Maroni con don Inzoli al convegno contro il gender a gennaio 2015
Centonovantasei (196) episodi di violenza e discriminazione contro le persone Lgbt, registrati in Italia nell’ultimo anno, dal 17 maggio del 2016 ad oggi: è questo il dato che emerge dal report annuale di Arcigay in occasione della Giornata mondiale contro l’omo-transfobia. Un dato che allarma, perché nel primo anno delle unioni civili tale cifra è raddoppiata, rispetto ai casi denunciati nel 2015-16. «Non si tratta di un censimento esaustivo del fenomeno» ha dichiarato Gabriele Piazzoni, il segretario nazionale di Arcigay, riguardo i numeri presentati «semmai di una fotografia che permette di distinguere i contesti e le forme in cui si verifica».
Il report consta di sei sezioni: una, in particolare, è dedicata all’omofobia istituzionale e ai movimenti omofobi, «cioè a tutti i casi in cui parole e azioni d’odio hanno come responsabile un rappresentante istituzionale, luoghi istituzionali, o realtà che tentano di confezionare il discorso d’odio in contenitori “autorevoli”», come ad esempio i convegni «affinché sia assunto come valido da chi ascolta» si legge ancora. Tra tutti gli episodi – sessantadue, nello specifico – si distinguono le resistenze dei sindaci alla legge sulle unioni tra persone dello stesso sesso.
Tra gli altri ambiti di indagine vanno segnalati, infine, i fatti verificatisi nel mondo dello sport, le discriminazioni da parte di negozi o riguardo le offerte commerciali, l’allontanamento dai luoghi per la sessualità dei soggetti discriminati e, quindi, gli atti criminali, quali ricatti, violenze e omicidi. «Gay, lesbiche e trans sono ancora percepiti come soggetti deboli e vulnerabili» e «il numero di episodi segnalati dai media indica una frequenza allarmante, di circa un caso ogni tre giorni». Emerge così un ritratto poco edificante nel nostro paese: lo stesso che ha impiegato un trentennio per approvare una legge parziale sulle unioni civili e in cui non si è in grado di fare un provvedimento contro i crimini d’odio e gli hate speech. Eppure i dati a disposizione ci dicono che il momento è quello giusto: come sempre, quando ci si trova di fronte all’urgenza.
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