Sarebbe gender, tutto ciò: almeno se dovessimo seguire alla lettera la follia interpretativa che certi professionisti dell’omofobia applicano a film, romanzi e altri esiti della creatività umana quando si parla di sentimenti. Eppure l’amore, per qualcuno, non ha regole poi così ferree. È un mix di emozioni, di tentativi – non sempre ben riusciti – e di buona volontà. Ho parlato in classe anche di questo, del fatto che un’intera scolaresca non ha potuto vedere Kung fu Panda III, perché avrebbe potuto “confondere le idee”. Ed uno dei miei alunni, un po’ sgranando gli occhi, mi fa: «Ma è la storia di un panda che viene cresciuto dal padre adottivo e poi ritrova quello vero…». Ed è esplosa una risata, perché a quella età è ben chiaro il concetto di “adozione”, mentre riesce davvero difficile comprendere che ci sia gente che non conosce la differenza tra un mammifero e un papero. Ma tant’è.
Riuscivo a stento a trattenere le lacrime, quando in una delle mie classi ho letto il finale della Gabbianella: Zorba comprende la naturale propensione al volo della figlia adottiva e comprende che è arrivata l’ora di metterla alla prova, anche se questo comporterà la separazione. E nell’ultima pagina del libro, quando Fortunata ci riesce e grida, felice «Guarda, Zorba, sto volando!», il gatto nero, buono, grande e grosso del porto non sa se sono le sue lacrime o la pioggia a bagnare le sue guance innamorate. Perché essere genitori è anche questo: la cura, la protezione del nido e poi lasciar spiegare le ali, per guadagnare il cielo e fare le proprie scelte.
Concludo ricordando i tragici fatti che nelle ultime ore hanno insanguinato la vita di decine di persone e che, negli ultimi mesi, ci hanno lasciato sgomenti di fronte all’orrore e alla morte di persone innocenti. Credo che, di fronte alla bruttezza della storia, la possibilità di dare vita (in modi vari e differenti) e opportunità sia un formidabile antidoto alle miserie dell’uomo. Non comprendere che il miracolo della vita ha connotazioni e grammatiche più complesse, rispetto a quanto siamo disposti ad accettare, significa collocarci dalla parte di chi non riesce a comprendere la grandezza di tali gesti. È una scelta di campo. Poi, va da sé, ognuno è libero di decidere in quale parte della barricata investire le proprie energie.
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