Giuseppe Conte ha da poco finito il suo discorso programmatico davanti alla Camera dei deputati. Vediamone i punti salienti.
Largo lo spazio dedicato alle donne, soprattutto in ambito lavorativo. Nel discorso di Conte si parla dell’ampliamento della partecipazione alla vita lavorativa come una sfida che riguarderà soprattutto donne e giovani. «Vogliamo offrire loro, come a tutti gli altri lavoratori, opportunità di lavoro, salari adeguati e condizioni di vita degne di un Paese civile, di un Paese che, fin dal 1948, ha sancito, nella propria Carta fondamentale, il diritto del lavoratore a un’esistenza libera e dignitosa. Dobbiamo perciò rimuovere gli ostacoli che si frappongono al raggiungimento di questo primario obiettivo e che – purtroppo – sono riconducibili alle più varie cause».
Quali sono queste cause? «Scarsa formazione, dotazione di conoscenze e di competenze, difficoltà di conciliare vita familiare e vita lavorativa saranno al centro dell’azione di governo». Per facilitare la conciliazione della vita famigliare con quella lavorativa Giuseppe Conte ha sottolineato come una delle priorità di questo nuovo esecutivo sarà quella di azzerare le rette degli asili nido.
Ha detto Conte: «Ci prefiggiamo di introdurre una legge sulla parità di genere nelle retribuzioni: è una battaglia che vogliamo portare a termine al più presto in omaggio a tutte le donne». Secondo il Presidente del consiglio le disparità di genere si sviluppano sin dalla primissima infanzia e per questo ha sottolineato come una adeguata istruzione e un rafforzamento della qualità dell’educazione fin dal nido sia fondamentale per combattere le disuguaglianze sociali.
L’unica menzione ai diritti civili del discorso di un’ora e venticinque di Conte compare quando viene richiamato l’articolo 117, comma 2, lettera m della Carta costituzionale: «Occorre definire i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e i fabbisogni standard” attraverso un “fondo di perequazione”. L’obiettivo è non “creare un Paese a due velocità, che aggravi il divario fra il Nord e il Sud”».
Giuseppe Conte ha confermato l’intenzione del nuovo governo di ritoccare il Decreto sicurezza bis alla luce delle osservazioni del Presidente Mattarella: «Significa recuperare, nella sostanza, la formulazione originaria del più recente decreto legge, prima che intervenissero le integrazioni che, in sede di conversione, ne hanno compromesso l’equilibrio complessivo».
Conte definisce il fenomeno migratorio come epocale e in quanto tale un fenomeno che va gestito con «Rigore e responsabilità, perseguendo una politica modulata su più livelli, basata su un approccio non più emergenziale, bensì strutturale, che affronti la questione nel suo complesso, anche attraverso la definizione di un’organica normativa che persegua la lotta al traffico illegale di persone, ma che si dimostri capace di affrontare più efficacemente i temi dell’integrazione, per coloro che hanno diritto a rimanere e dei rimpatri, per coloro che non lo hanno».
Il premier ha sottolineato l’importanza della collaborazione tra Italia e Stati Membri nella gestione dei flussi migratori richiamando l’idea della solidarietà tra questi: »Questa solidarietà finora è stata annunciata, ma non ancora realizzata. Ho rappresentato con convinzione questa nostra visione ai principali leader europei e continuerò a farlo nel governo che sta nascendo, nei rapporti con i Paesi partner e i nuovi vertici europei, da subito con iniziative concrete che devono farci uscire, tra l’altro, da gestioni emergenziali. Su questo le nostre strutture sono già al lavoro. Ma anche con azioni lucide e coerenti con il nostro approccio, come ad esempio l’istituzione di corridoi umanitari europei».
Nonostante gli scrosciati applausi da parte dei banchi della maggioranza – se ne sono contati circa una ventina – ai quali hanno fatto da contraltare i cori da stadio di Lega e Fratelli d’Italia al gridi di “Poltrone! Elezioni!” il discorso programmatico di Giuseppe Conte non pare altro che una lunga lista di buoni propositi. E molto vaga. L’unica proposta veramente concreta emersa dell’ora e venticinque – il suo discorso della precedente legislatura era durato “appena” un’ora e dieci – è stata quella relativa all’azzeramento delle rette dei nidi.
Nulla è chiaro su quali saranno le politiche in merito ai diritti civili. Sarà demandato alle regioni, come successo per Emilia-Romagna e Umbria, dotarsi ad esempio di leggi regionali contro l’omo-lesbo-trans-bi-fobia? Sarà compito delle regioni dettare un’agenda sulle trascrizioni delle nascite in ambito alle famiglie arcobaleno oppure il Legislatore se ne farà carico sollevando i giudici dalla responsabilità di decidere caso per caso lasciando le famiglie con la spada di Damocle dei ricorsi? Cosa farà in merito la nuova ministra degli interni? E quella per la famiglia e le pari opportunità?
Quali saranno in concreto le politiche volte a regolare i flussi migratori considerando che, a poche ore dal suo insediamento, la nuova ministra degli Interni ha comunque negato lo sbarco alla nave Alan Kurdi?
Di parole ne sono state state spese tante. Belle, ma vaghe. Adesso la palla passa alla Camera, dove la fiducia dovrebbe arrivare entro le 21 di stasera. Se arriverà anche la nostra fiducia è ancora tutto da vedere.
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