Cacciato dalla squadra di nuoto di Stanford perché gay: a denuncialo è stato il due volte campione nazionle di nuoto Abraham DeVine.
Abrahm Devine si è laureato a Stanford quest’anno, ma per le regole statunitensi sarebbe stato in grado di gareggiare per la squadra della celebre università come post-laureato. Stanford, però, non ha confermato il posto in squadra a DeVine e quest’ultimo è convinto che ciò sia dovuto al suo orientamento sessuale. «Semplicemente. Possono esserci motivazioni superficiali per le quali io sia stato cacciato dalla squadra di nuoto di Stanford. Ma posso dirvi con certezza che la vera ragione è il mio essere gay».
Dal suo profilo Instagram il campione statunitense ha deciso di raccontare la sua storia, affidando tutta la sua frustrazione a un lungo post. «Come molti di voi sapranno sono un nuotatore apertamente gay e al mio livello sono l’unico. Voglio usare questo post per denunciare l’omofobia che ho subito in quanto atleta e incoraggiare tutti a essere responsabili nel cambiare alcuni degli aspetti omofobi della cultura sportiva di oggigiorno. Ho molti esempi specifici di piccole aggressioni e vere e proprie aggressioni che ho vissuto, ma l’omofobia è molto di più delle esperienze che ho accumulato».
E continua, il giovane atleta: «Tutti dicono di sostenermi., eppure, per la milionesima volta, sono l’unico a parlare. Ai miei allenatori che mostrano la bandiera del pride sulle loro scrivanie, agli atleti ai quali piacciono le mie foto del Pride su instagram, ho bisogno che vi svegliate e che guardiate a quello che vi sta succedendo intorno. Come potete dire di sostenere me e l’uguaglianza? Come fate a non vedere che Stanford e la sua squadra di nuoto mi hanno usato per quattro anni? Sono invisibile?»
«L’omofobia è sistematica» scrive ancora Abrahm Devine «intelligente e designata ad arte per tenermi zitto e farmi fuori. Ho talento, ho successo, sono istruito, sono fiero, sono un uomo gay. Sono una minaccia alla cultura che tiene insieme le squadre sportive. Voglio che qualcosa cambi, perché non posso resistere ancora a lungo. La mia storia non è unica. Ci sono voci quel ovunque e tutto quello che dovete fare è ascoltare. Chiedo, supplico che facciate qualcosa. (…) Nessuno di noi si salva dall’omofobia. Il nostro dovere civico è di educarci. Se decidi di non farlo, sono io che ne pago le conseguenze».
Greg Meehan e Dan Schemmel, gli ex allenatori di Stanford, hanno entrambi negato che l’omofobia abbia qualcosa a che fare con l’esclusione. «Se Abe non è stato invitato ad allenarsi con noi questa stagione è per ragioni che non hanno niente a che fare con la sua sessualità. Siamo orgogliosi dell’inclusività e del sostegno che sia la squadra femminile sia quella maschile hanno. Continueremo a sforzarci, come sempre, per aumentare questi aspetti della nostra cultura».
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