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Ucciso dalla ‘ndrangheta perché sospettato di essere gay, si cerca il corpo per il processo

Sono cominciate le ricerche del corpo di Filippo Gangitano, ucciso dalla ‘ndrangheta il 26 gennaio 2002. Proseguono gli scavi dei carabinieri, «grazie al supporto dei cingolati messi a disposizione dai vigili del fuoco del comando provinciale di Vibo Valentia» riporta la stampa locale «ai margini della strada provinciale numero 15 che collega Vibo Valentia a Stefanaconi. A breve distanza da quella che un tempo era l’azienda agricola di Andrea Mantella, ex boss emergente e killer della ‘ndrangheta vibonese». È stato proprio Mantella a collaborare con la giustizia e a svelare i retroscena dell’omicidio.

I sospetti della ‘ndrangheta

Secondo la ricostruzione di Mantella, Gangitano era stato sospettato dalle cosche locali per un’amicizia molto stretta con un altro uomo. Secondo quanto emerge l’omosessualità era un sospetto, ma tanto è bastato per decretare la morte dell’uomo, anch’egli legato alla malavita. «L’omicidio di Gangitano» leggiamo ancora «è contestato nell’ambito del filone del maxiprocesso Rinascita Scott che si aprirà il 10 febbraio prossimo davanti alla Corte d’Assise di Catanzaro».

I moventi dell’omicidio

«L’indicazione del luogo in cui fu nascosto il cadavere della vittima era stato indicato ai carabinieri del Ros Centrale e al pm antimafia di Catanzaro, Anna Maria Frustaci» durante un precedente interrogatorio, nel 2018 «proprio da Andrea Mantella che avrebbe avuto un ruolo determinante della pianificazione di un delitto». Delitto che, a quanto si apprende, «potrebbe aver avuto un doppio movente: la presunta omosessualità dello stesso Gangitano, non tollerata dal clan Lo Bianco-Barba del quale era un soldato, ed il sospetto, nutrito dai vertici della stessa cosca, che Gangitano potesse collaborare con la giustizia».

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