Roma non è Torino. E non è una mera constatazione geografica. Il punto è che, pur essendo amministrate da due sindache con la stessa appartenenza politica, se Chiara Appendino a Torino ha deciso di riconoscere tutte le famiglie, lo stesso non si può dire di Virginia Raggi a Roma.
Gli uffici di Roma Capitale, infatti, si sono rifiutati di iscrivere all’anagrafe una bambina nata in Italia da due mamme. “Abbiamo appreso con rabbia e sconcerto la scelta del comune di negare, ancora una volta, i diritti dei più deboli: i bambini – dichiara in una nota il presidente del Circolo Mario Mieli e portavoce del Roma Pride Sebastiano Secci -. Adesso è giunto il momento che la sindaca Virginia Raggi e la sua giunta prendano una posizione netta come hanno già fatto Sala a Milano, Appendino a Torino, Orlando a Palermo e tutti gli altri sindaci illuminati che hanno a cuore il benessere di tutti i bambini. Quei certificati di nascita vanno trascritti subito perché ogni minuto di inerzia comporta un’inaccettabile violazione di diritti umani fondamentali”.
A raccontare la storia nel dettaglio sono Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno. V. e E., le due mamme in questione, la mattina di lunedì 28 maggio si sono recate all’ufficio anagrafe di Roma Capitale per registrare la figlia. Solo nel pomeriggio, le due si sono viste rilasciare un certificato con il nome della sola mamma che l’ha partorita. A lei viene fatta dichiarare una circostanza falsa: la bimba sarebbe stata concepita con un uomo con cui non ci sono vincoli di parentela o legami. La verità è, invece, la piccola è nata da fecondazione eterologa fatta legalmente all’estero e che la madre non biologica si è assunta la responsabilità genitoriale prima del concepimento, firmando il consenso informato.
“La sindaca Raggi – scrivono Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno – manifesta una totale mancanza di collaborazione e di ascolto
“Stupisce il fatto che Chiara Appendino si sia resa protagonista di una nuova stagione dei diritti Lgbt, mentre la sindaca di Roma sia rimasta sorda alle istanze delle numerose famiglie omogenitoriali della Capitale – commentano Maria Grazia Sangalli (Rete Lenford) e Marilena Grassadonia (Famiglie Arcobaleno) -. A Roma si è creata una situazione paradossale, poiché mentre si trascrivono, correttamente, i certificati di bimbi con due padri perché nati all’estero, i figli e le figlie di due madri nati in Italia rimangono totalmente privi di tutele”.
“Siamo deluse dalla nostra città. Peccato non essere torinesi – aggiungono amaramente le due mamme -. Non è giusto essere obbligate a dichiarare fatti non rispondenti a realtà”. “Nostra figlia – continuano – ora risulta avere un solo genitore mentre è nata dall’amore di due persone. All’anagrafe abbiamo trovato funzionari cortesi, ma impreparati ad affrontare la realtà. La disparità di trattamento con altre coppie nella nostra situazione è avvilente”.
“Il Pride di Roma del 9 giugno – continua Secci – sarà l’occasione per ribadire che nella nostra città non c’è spazio per la discriminazione. Lo diremo in maniera forte e chiara: giù le mani dai nostri figli”. “Per questo – continua il portavoce del Roma Pride – mi auguro che dalla giunta capitolina e dalla sindaca Raggi arrivi presto un segnale inequivocabile. Che diano indicazioni agli uffici dell’anagrafe di procedere alle iscrizioni degli atti di nascita dei figli di coppie formate da persone dello stesso sesso”. “Ne va della dignità e dei diritti di tutti i cittadini e su questo non possiamo accettare compromessi” conclude.
Dell’accaduto si parlerà stamani in occasione della conferenza stampa di presentazione del Roma Pride, alle 12.00 presso Largo Venue, in via Biordo Michelotti 2.
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