I giudici egiziani hanno respinto la richiesta di scarcerazione di Patrick Zaki, il giovane ricercatore arrestato al rientro dall’Italia dove seguiva un master in Studi di genere.
Una decisione presa velocemente: appena 10 minuti di seduta per respingere la richiesta dei legali del ragazzo.
Secondo quanto riporta l’Ansa, Zaki è arrivato al tribunale di Mansoura ammanettato al poliziotto che lo scortava. Ai cronisti assiepati che gli hanno chiesto come andava ha risposto: “tutto bene”. Difficile immaginare che avrebbe potuto dire qualcosa di diverso anche in caso contrario.
“C’è delusione, avevamo sperato in un’esito diverso – ha dichiarato all’agenzia italiana il portavoce di Amnesty Italia Riccardo Noury -. C’erano segnali che potesse andare diversamente: un’aula piena di giornalisti, internazionali e egiziani, di diplomatici tra cui l’ambasciatore italiano e altri statunitensi ed europei. Ma non è servito a nulla”. Il 22 febbraio è prevista un’udienza alla quale Amnesty intende arrivare “più determinati”. “Adesso ripartiamo con una campagna ancora più forte, più viva” ha dichiarato Noury.
Zaki è accusato di vari reati tra cui diffusione di notizie false, incitamento alla protesta e turbamento della stabilità delle istituzioni. Le indagini a suo carico sarebbero iniziate lo scorso settembre quando il ragazzo è partito per Bologna dove sta seguendo il suo master. Le tv locali indicano proprio nei suoi studi, deprecandoli, la causa o una delle cause dell’arresto.
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