Se si votasse oggi, in Svizzera per il referendum per estendere il matrimonio anche alle coppie gay e lesbiche, la vittoria si aggirerebbe intorno al 70% dei consensi. «Stando ai risultati dell’indagine demoscopica, commissionata dalla Società svizzera di radiotelevisione (SSR) all’istituto gfs.bern» riporta l’Ansa, «se il referendum si fosse svolto nei primi giorni di agosto, il 69% degli intervistati avrebbe votato a favore del matrimonio civile per tutti e il 29% contro. Il 2% si è detto indeciso». Un consenso molto ampio per una misura di civiltà, che lascia dunque ben sperare.
Ricordiamo, come abbiamo già detto altrove, che in Svizzera le coppie formate da persone dello stesso sesso possono accedere a un’unione domestica registrata, che però non è assimilabile al matrimonio vero e proprio. Per questa ragione, la confederazione elvetica vorrebbe estendere il diritto di sposarsi a tutti e a tutte. Di traverso, però, si è messa una parte della destra svizzera che teme che con questo provvedimento si «aprire una breccia che elimina la definizione storica del matrimonio come un’unione duratura di un uomo e una donna».
Certo, sarebbe una bella vittoria se questi sondaggi venissero confermati. Resta però un interrogativo di fondo: è giusto che una maggioranza decida sui destini di una minoranza, relativamente a una decisione le cui conseguenze non ricadrebbero su chi si è espresso contro o a favore? Il diritto a condurre una vita familiare può essere argomento referendario? Certo, il sistema in Svizzera prevede lo strumento della consultazione popolare. E se le cose andranno come si spera, sarà una bella vittoria. Ma dovrebbe essere la politica parlamentare ad assumersi certe responsabilità, senza esporre i diritti delle persone Lgbt+ agli umori del popolo. Non resta che aspettare il 26 settembre, giorno della consultazione.
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