“Mi chiamo Laura e mio figlio ora avrà una carta di identità per andare all’estero solo perché io ho mentito e gli ufficiali dell’anagrafe sono stati comprensivi […] ho dovuto dire il falso: così ora sulla sua carta di identità c’è scritto che io sono suo padre, e mia moglie, che lo ha riconosciuto, la madre”.
Sono i primi effetti del decreto Salvini. Lo racconta sulle colonne di Repubblica una mamma arcobaleno in una lunga intervista. Si chiama Laura ed è una quarantenne lombarda che, con moglie e figlio, abita in un comune dell’hinterland milanese. Il provvedimento Salvini ufficializzato con la pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale sostituisce il termine “genitore” con “padre” e “madre” ogni qual volta si presenta nel testo che predispone le «modalità tecniche di emissione della carta d’identità elettronica».
Così moltissime famiglie arcobaleno, con la comprensione degli ufficiali, cercano di aggirare l’ostacolo come spiega Laura: “l’unica soluzione perché Edoardo non fosse un bambino senza documenti, un ragazzino di serie b”. L’appuntamento era fissato da tempo con l’ufficio anagrafe, spiega: “solo che è capitato il primo giorno in cui è entrato in vigore il decreto voluto da Salvini per fini elettorali”. Il disagio però è più dei dipendenti: “Noi eravamo preoccupate, ma più imbarazzati di noi erano i dipendenti dell’anagrafe che non sapevano bene come fare, come comportarsi. Anche per loro era la prima volta. Ci hanno aiutate, ci hanno capite. Sono stati gentilissimi, comprensivi».
La soluzione degli impiegati è stata automatica e necessaria spiega: “Hanno semplicemente preso i nostri dati ufficiali registrati dall’anagrafe e li hanno inseriti nei moduli prestampati già previsti con le diciture padre e madre. E così visto che il bambino ha il mio cognome, quando è nato non ero sposata ma mamma single, automaticamente sono finita nella casella padre“. E conclude “Troviamo questa
innovazione una inutile malvagità: tratta i figli degli omosessuali come fossero di serie B”
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