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La paradossale mattanza di Facebook: bloccati per omofobia profili di attivisti LGBT

Quello di Cathy La Torre è un nome molto noto tra gli attivisti LGBT. Avvocata, cofondatrice insieme a Michele Giarratano di Gay Lex (di cui potete leggere le guide su GayPost.it), Cathy La Torre è molto attiva sul fronte dei diritti delle persone LGBT, da tempo. E per questo, sul suo profilo Facebook, pubblica spesso post che attaccano chi, invece, contro quei diritti si schiera.

Cathy La Torre

Ed è proprio per uno di quei post pubblicato a giugno scorso che, incredibilmente, il suo profilo sul popolare social network ieri 28 agosto è stato bloccato per omofobia. Un paradosso, se si considera, tra l’altro, che moltissime segnalazioni di pagine o profili palesemente omofobi vanno, invece, a vuoto. Come ha dichiarato la stessa Cathy La Torre a Repubblica Bologa, infatti, “gli autori di quelle espressioni non vengono colpiti, mentre siamo colpiti noi che combattiamo il loro odio“.

Tutto nasce da un post in cui l’avvocata riportava, virgolettandole, le parole di un sindaco omofobo. Tanto è bastato, a quanto pare, per fare scattare il blocco. È la conseguenza di un sistema altamente automatizzato per cui basta che in un post siano presenti determinate parole perché il social network decida di cancellare il post stesso o, in alcuni casi, di bloccare l’intero profilo per un determinato periodo di tempo che va da 24 a 48 ore.

Un sistema che, per quella che in mancanza di altri elementi dobbiamo ritenere una coincidenza, ieri ha mietuto parecchie vittime. Oltre a quello di Cathy La Torre, è stato bloccato anche il profilo di Daniela Tomasino, ex presidente di Arcigay Palermo e in prima linea sul fronte dei diritti delle persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender. Nel caso di Tomasino, sembra che la ragione del blocco sia l’uso della parola “frocio”, in un post che risale addirittura allo scorso febbraio quando, in piena discussione in Senato della legge sulle unioni civili, l’attivista aveva pubblicato un testo inc ui espriimeva la sua indignazione denunciando come le persone e le coppie omosessuali venissero trattate, appunto, da “froci”, quindi non da cittadini al pari degli altri.

Destino analogo, sempre ieri, è toccato ad un’altra attivista che i lettori di GayPost.it conoscono come Walter Gropius, autrice di “Come un lampione in una dark”. Socia dell’associazione Famiglie Arcobaleno, ieri si è vista rimuovere un post di attacco a chi criticava la manifestazione de 5 marzo scorso a Roma. Anche in questo caso, il testo conteneva la parola “froci”.

Un’altra vittima di quella che è apparsa  come una vera e propria mattanza, considerato il numero e la concomitanza di blocchi, è Milo Serraglia, che si è visto bloccare il suo secondo profilo con il quale amministra, insieme ad altri, la pagina satirica “Porella Cuccarini”. Anche in questo caso, a scatenare il blocco di 24 ore è stato un post dello scorso giugno in cui veniva usata la parola “froci”, che risale a giugno scorso. Ma Milo non crede all’eccesso di zelo di un algoritmo. “Siamo quelli del 5 Marzo – dice Milo Serraglia a GayPost.it –, che ha dato fastidio al PD… Siamo quelli che ogni giorno sputtanano sindaci di centrodestra, siamo quelli che hanno fatto notare alla Raggi che il silenzio romano urla… troppe coincidenze, non credo al controllo casuale sulla parola e credo che ci siano persone così “pazze” da fare una cosa del genere”.

Alla luce delle tantissime segnalazioni giunte nelle ultime ore, Gay Lex sta valutando la possibilità di intentare una class action contro Facebook la cui policy risulta colpire sempre più spesso chi si batte contro le discriminazioni invece di chi le fomenta.

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