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Così il Brunei difende la legge che condanna a morte omosessuali e adulteri

Il Brunei si difende dalle critiche internazionali. Non si scusa, non fa un passo indietro. Specifica soltanto che le leggi ispirate alla Sharia sarebbero “più preventive che punitive”.
Vuol dire che le punizioni più estreme, come la lapidazione a morte per l’adulterio e i rapporti sessuali fra due uomini, ma anche il taglio della mano per i ladri, richiederanno “un alto standard di prova e saranno dunque molto rare”.

“Salvaguardare la discendenza”

Le nuove leggi “puntano più sulla prevenzione che la punizione. Il loro obiettivo è educare, dissuadere, riabilitare e prendersi cura più che punire”, ha dichiarato il ministro degli Esteri Erywan Yusof, in una risposta inviata all’Onu, citata oggi dalla Bbc.
Il ministro sottolinea che non viene punito l’orientamento sessuale, ma che la criminalizzazione di “sodomia e adulterio serve a salvaguardare la santità della famiglia, la discendenza e il matrimonio dei musulmani, particolarmente le donne”. Le pene più gravi, come lapidazione a morte e amputazione, potranno essere solo eseguite se vi è la testimonianza di almeno due uomini di “alto livello morale e pietà religiosa”, rimarca ancora Yusof, facendo notare che lo standard richiesto è “estremamente alto” e “difficile da trovare in questi giorni e questa epoca”

Le rassicurazioni all’Inghilterra

Intanto il ministro degli Esteri britannico Jeremy Hunt ha detto di aver parlato con il collega del Brunei e di aver ricevuto assicurazioni sul fatto che le punizioni in base alla Sharia saranno di fatto improbabili.
Troppo poco. Le rassicurazioni non basteranno a calmare le polemiche internazionali suscitate dall’entrata in vigore del nuovo codice, lo scorso 3 aprile, nel piccolo sultanato sull’isola del Borneo, con meno di 500mila abitanti.
Continuano infatti le proteste di governi e istituzioni internazionali, con l’Onu che ha denunciato l’introduzione di pene “crudeli e inumane”. E continua la campagna di boicottaggio degli alberghi di lusso posseduti nel mondo dal sultano del Brunei. sostenuta dall’attore George Clooney e da altre star dello spettacolo.

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