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“C’est l’amour” di Vecchiali: l’amore bisessuale al Lovers di Torino

Ci sono autori che lasciano il segno, che con il loro essere provocatori fanno epoca e che meritano di essere ricordati, studiati, riproposti e abbracciati dal pubblico multigenerazionale. Uno di questi è Paul Vecchiali a cui il Lovers dedica un piccolo focus, proponendo gli ultimi film del regista, mai usciti in Italia.

La trama

C’est l’amour (2015) indaga i versanti delle emozioni, tutte le sfumature che caratterizzano l’amore, dal semplice affetto, alla passione più sfrenata ed irrazionale, fino alla gelosia dilagante ed inarrestabile. Odile, convinta che il marito Jean la tradisca, decide di vendicarsi. Oggetto della sua vendetta è Daniel, un attore prima visto in televisione e poi incontrato personalmente che in principio tenta di sedurre, ma di cui finisce per innamorarsi. Anche il ragazzo dimostra di ricambiare il sentimento, sfortunatamente c’è qualcosa che lo trattiene e gli impedisce di vivere una vita felice con Odile: si tratta di Albert, il suo compagno, un possessivo e geloso regista perdutamente innamorato.

La tematica della bisessualità

Vecchiali torna, come d’abitudine, a mettere in scena un intreccio narrativo dal quale emerge il suo personale desiderio di affrontare la tematica della bisessualità: tratteggia i contorni di un amore psicologicamente libero, senza moralismi o spiacevoli sottostesti bigotti. Ciò che frena i suoi personaggi non è una rigida e arcaica legge che impedisce la promiscuità, ma è piuttosto la loro incapacità di defilarsi e concedere a chi si ama di vivere a pieno la felicità. Tre personalità maschili egocentriche, egoiste ed incontenibili che impongono la loro fisicità e la loro prestanza come centro di ogni genere di rapporto, che soffocano sempre più violentemente il candore purpureo di una donna che cerca solo di assecondare le sue pulsioni.

Un quadrilatero amoroso

In un eterno rincorrersi, desiderarsi, disperarsi sul confine tra lo shakesperiano e il trash, si crea un funzionale quadrilatero amoroso ai cui angoli ci si batte a colpi di seduzione per garantirsi il premio più ambito: l’interesse dell’amato. Se c’è una suggestione che più di ogni altra racchiude l’anima del film di Vecchiali, è la tormentata ed invasata danza di Odille, che ricorre ad ogni mezzo a disposizione per catturare l’attenzione di Daniel. Una femme fatale senza pudore o vergogna, che si struscia e si abbarbica ai corpi sinuosi e asciutti dei ballerini e delle ballerine che riempiono la pista da ballo a picco sul mare.

Il gioco del non detto

Avvolta da un costante alone di ambiguità, la vicenda gioca sul non detto, sul poco chiaro orientamento sessuale dei protagonisti, sul totale sbando su cui si regge la loro emotività e la loro razionalità. Il film si regge sue due solidi pilastri a cui il regista dedica molta cura e attenzione: le due crepe insanabili che si propagano nelle relazioni delle due coppie di partenza (Odile e marito – Daniel e compagno). Due scene cardine filmate in duplice versione, con la camera fissa su ciascuno dei due personaggi nel ripercorrere e rivivere il medesimo dialogo, in modo tale da poter catturare interamente le reazioni di ciascuna metà della coppia.

La poetica di Vecchiali

Interessante, innovativo, provocatorio, come Vecchiali sa essere sin dai tempi di film come Encore: il regista unisce e amalgama autorialità a b-movie, frasi filosofiche a dichiarazioni amorose “da baci perugina”, nouvelle vague a trash anni ’80, tutto in un film per nulla pretenzioso, girato con pochissimi mezzi, dettaglio che il regista non ha paura di mostrare, anzi, al contrario ne fa il baluardo della sua poetica. Vecchiali è esattamente come i personaggi che tratteggia, impavido e irrazionale, estimatore della trasgressione, dell’ibridazione e dell’ambiguità. Il suo cinema non è per tutti; è per un pubblico attento, estimatore tanto del basso quanto dell’alto, un pubblico che vada oltre le barriere del politically correct, un pubblico come quello del Lovers.

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