Martedì sera mi ero messo al computer perché volevo scrivere un pezzo per parlare dell’imminente assemblea di Famiglie Arcobaleno (che, per intenderci, si è svolta a Tivoli, vicino Roma, questo fine settimana appena trascorso, bella e partecipata come sempre, e con tanti amici ed ospiti importanti).
Luca dormiva tranquillo nella sua stanza, Alice era nel suo lettino nella stanza da letto dei papà.
Mentre raccoglievo i pensieri però all’improvviso mi sono apparse su Facebook, senza che io nemmeno le cercassi, le terribili immagini dei bambini siriani barbaramente uccisi con armi chimiche.
Inqualificabile, lo so.
Ma è stato qualcosa di istintivo, irrazionale: volevo addormentarmi con i miei bambini accanto.
Ho iniziato a rigirarmi nel letto provando a prendere il sonno mentre sentivo il respiro dolce di Luca e Alice a fianco a me… Niente da fare.
Nella testa mi continuavano a girare le immagini di quei bimbi morti, dell’orrore della guerra.
Non riuscivo a togliermi dalla testa che al loro posto sarebbero potuti esserci i miei figli: mi mancava il fiato, tremavo… stringevo Luca a me cercando comunque di non svegliarlo.
Questo abisso di disumanità mi terrorizza.
E questa settimana è stato un continuo, fra la risposta americana alle bombe siriane (morti su morti, si conquista così forse la pace?) e gli ennesimi attentati, questa volta in Svezia e poi in Egitto.
Luca e Alice ancora sono piccoli, il loro mondo è fatto di poche cose, semplici, e di certezze granitiche compresa quella che i loro papà li difenderanno sempre da tutto e tutti.
È una grossa bugia, di quelle bianche, la cui verità si scopre mano a mano crescendo.
In Siria invece non c’è spazio per le favole, e quei bambini affrontano una cruda realtà fatta di dolore e morte.
Come possiamo rimanere immobili davanti a questo orrore?
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