Politica&diritti

Le 5 leggi pro gay bocciate da Israele

Si dice che “mentre Gerusalemme prega, Tel Aviv si diverte”. E Israele è considerata un’isola felice per le persone LGBT, nel panorama dei paesi del Medioriente. In Israele i matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero vengono riconosciuti e i partner stranieri (tranne che se di paesi arabi) dei cittadini israeliani possono ottenere il permesso di soggiorno. Nella città di Tel Aviv sono riconosciute le unioni civili, mentre le adozioni sono appannaggio dei tribunali. Il Pride di Tel Aviv è noto per essere molto colorato e certo non tra i più morigerati. Vi partecipano anche i militari apertamente omosessuali al cui servizio le forze armate non pongono alcun ostacolo, riconoscendo i partner anche ai fini pensionistici.

Nei discorsi pubblici pronunciati in occasione dell’ultima Giornata per i diritti LGBT, il presidente Netanyahu aveva pronunciato parole chiare: “Tutti gli uomini sono creati ad immagine di Dio”, quindi sono tutti uguali.
È bastato che si concludessero le celebrazioni, però, perché il discorso del presidente si rivelasse per quello che era: solo parole. Proprio il giorno dopo, il 24 febbraio scorso, la Knesset, ovvero il parlamento israeliano, ha bocciato tutti e cinque i disegni di legge presentati per migliorare la condizione delle persone gay, lesbiche, bisessuali e trans. I disegnid i legge puntavano a riconoscere le  unioni civili, vietare le terapie riparative per i minori (molto praticate in Israele), riconoscere un risarcimento ai partner dei militari uccisi in azione, formare il personale sanitario perché sia preparato sulle questioni di genere e l’orientamento sessuale. Tutte le proposte di legge sono state bocciate. Come riporta il quotidiano Times of Israel, l’unico parlamentare apertamente omosessuale, Amir Ohana del Likud, non era presente in aula per il voto.

I due disegni di legge che riguardavano i militari e i risarcimenti per i partner in caso di uccisione, sono stati bocciati dopo che il viceministro della Difesa Eli Ben-Dahan ha dichiarato che non servono, dato che il  ministero riconsoce già le coppie gay nell’esercito.
La poposta di legge sulle unioni civili è stata bocciata con 47 voti contrari e 40 favorevoli. Al testo si era opposto il ministro degli Affari Religiosi raccogliendo il favore di tutta la coalizione di governo. Bisogna ricordare che in Israele, non esiste il matrimonio civile, ma solo quello religioso.

Contro la norma che voleva vietare le terapie riparative, invece, si è espresso il ministro degli Interni, per conto di quello della Giustizia. Secondo Galant, questo genere di terapie hanno “solo potenziali danni, che esistono in qualsiasi altro tipo di terapia psicologica” e quindi, “la formulazione della legge si potrebbe applicare a qualsiasi tipo di conversazione con un minorenne”. Bocciata con 45 voti contrari.
Infine, la proposta sulla formazine del personale sanitario è stata osteggiata dal ministro della Salute che per argomentare la sua posizione ha citato la Torah, il libro sacro degli ebrei. Una posizione definita “omofoba” dalle associazioni lgbt israeliane.
Pochi giorni dopo, in duecento sono scesi in piazza per chiedere al parlamento di cambiare le leggi e riconoscere i diritti della gay community.

Il quadro che emerge, dunque, è quello di un paese diverso da quello che il governo rappresenta nelle campagne internazionali, specialmente quelle turistiche, sebbene è indubbio che la condizione delle persone lgbt in Israele sia nettamente migliore di quella dei paesi limitrofi, per le ragioni precisate all’iniziodi questo articolo. Un pride come quello di Tel Aviv sarebbe impensabile in Giordania o in Libano, per non parlare del riconoscimento dei matrimoni celebrati all’estero. Intervistato a margine dell’edizione del 2014 del festival bolognese Gender Bender, il sociologo Frédéric Martel, autore del libro Global Gay nel quale racconta la condizione delle persone lgbt in diversi paesi del mondo, aveva spiegato che i paesi in cui i diritti civili sono più osteggiati sono quelli in cui la politica ha una forte matrice religiosa e che Israele è solo in apparenza un’eccezione. Secondo Martel, la ragione per cui Israele dichiara una certa apertura nei confronti di gay, lesbiche e transessuali è perché è un modo per distinguersi dai paesi arabi confinanti, in cui le persone lgbt non solo non hanno cittadinanza, ma vengono invece perseguitate esplicitamente.

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