Per molti, è l’uomo a cui si deve la vera parità dei diritti negli Usa: il matrimonio egualitario. Anzi, il matrimonio, senza aggettivi, perché è per questo che ha lottato e continua a battersi: la libertà di sposarsi, oggi riconosciuta in 22 Paesi di 6 continenti.
Lui è Evan Wolfson, avvocato, newyorkese. Sorriso aperto e sguardo di chi sa quello che vuole, e studia accuratamente i mezzi per ottenerlo. È stato il presidente e fondatore della campagna “Freedom to marry”, un coordinamento di realtà che nel 2015 ha potuto chiudersi per obiettivo raggiunto, con la sentenza della Corte Suprema che ha esteso il matrimonio egualitario a tutti i 50 Stati degli USA. Un suo recente viaggio in Italia, che lo ha visto ospite di Arcigay Milano, è stata l’occasione per fare il punto sugli obiettivi da raggiungere, recependo i consigli e le suggestioni da oltre oceano.
Il viaggio, che approda a Washington nel 2015, è partito da molto lontano. Risale al 1972 la prima richiesta di riconoscimento dei propri diritti avanzata alla Corte Suprema da una coppia di donne. Quarant’anni che hanno visto esaltanti vittorie e brucianti sconfitte, utili ad elaborare un percorso in quattro punti: Costituzione, movimento, strategia, campagna. Facendo leva sugli articoli della Carta fondante che stabiliscono la non discriminazione, esistono le basi per coordinare le molte realtà che in ogni Paese si impegnano in favore della comunità LGBT, perché – suggerisce Wolfson – solo la coesione può essere produttiva.
A rendere vincente la battaglia rivendica Wolfson è stata soprattutto la chiarezza: di obiettivi, di strategia, di azioni.
Evan Wolfson è ottimista circa l’evoluzione del percorso in Italia. La disaffezione alla politica potrebbe, riflette, rivelarsi provvidenziale: una contrapposizione politica meno sentita favorirebbe infatti un dialogo più sereno. Che sarebbe, a suo avviso, agevolato e non ostacolato dall’esistenza delle – pur parziali e manchevoli – unioni civili. “Il ricco, composito e molto attivo movimento italiano per i diritti LGBT – ha ricordato Wolfson – ha già attuato un notevole dispiegamento di forze per raccontare se stesso e far germogliare e crescere la sensibilità dell’opinione pubblica”.
L’ottimismo di Wolfson si spinge a una rosea previsione: “con queste premesse -afferma – potreste arrivare al matrimonio egualitario in quattro anni“. A patto di conservare fiducia e impegno nel percorso intrapreso. Restando, in primo luogo, positivi. Non di un ottimismo miope e inconsapevole, ma della positività che proprio Evan Wolfson incarna, rigorosa nei metodi, decisa nelle richieste, consapevole dei traguardi raggiunti e di ciò che ancora non c’è e si fa ogni giorno più urgente. In primo luogo, tanto negli Stati Uniti quanto in Italia, una legge contro l’omotransfobia, avvertita da molti, su entrambe le sponde dell’Atlantico, con maggiore urgenza di quella per i diritti delle coppie.
Non si tratta di retorica, bensì della certezza di chi, volgendo lo sguardo al cammino già percorso, osserva quanto si è stati in grado di fare, rendendo tangibile il cambiamento, destinato a non fermarsi.
(Foto: Freedom to Marry)
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