“Se avessi un figlio gay, lo brucerei nel forno“. Era il 10 febbraio 2016 e a pronunciare quelle parole -sempre smentite dall’interessato- fu il consigliere regionale ligure Giovanni De Paoli (Lega) nel corso di un incontro con Agedo Genova (associazione di genitori di omosessuali. Si sollevò un vespaio e una senatrice del Partito Democratico denunciò il caso a Palazzo Madama, nel cuore del dibattito sulle unioni civili.
Due anni dopo, la sostituta procuratrice Patrizia Petruzziello ha chiesto il rinvio a giudizio per De Paoli con l’accusa di diffamazione aggravata dall’odio discriminatorio. Gli avvocati di Gay Lex, intervenuti per conto del Comitato per gli immigrati e contro ogni forma di discriminazione, avevano infatti richiesto di applicare il principio la legge Mancino. La norma, sebbene non faccia riferimenti espliciti a discriminazioni a causa dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere, prevede aggravanti nel caso di reati per motivi razziali, etnici o religiosi.
Il caso passa quindi fra le mani del giudice per l’udienza preliminare che dovrà decidere se rinviare a giudizio o prosciogliere De Paoli.
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