Un’altra vittoria di una famiglia omogenitoriale ottenuta in un Tribunale. È successo a Napoli dove i giudici hanno stabilito che il certificato di nascita di un bambino nato da due donne sposatesi in Spagna è integralmente trascrivibile. Secondo il Tribunale, infatti, la trascrizione di entrambe le donne come mamme del bambino e l’attribuzione al piccolo del cognome di entrambe, non è contrario all’ordine pubblico. La novità è che la sentenza riguarda una coppia in cui solo una delle due donne è la madre naturale, ma il tribunale ha dato rilevanza al fatto che le due donne sono sposate in un paese dell’Ue.
In realtà, il certificato era già stato trascritto dal Comune di Napoli, ma poi era intervenuto il prefetto cancellando dalla trascrizione il nome della madre non biologica e il suo cognome.
«È il primo caso in Italia in cui si riconosce la trascrivibilità integrale dell’atto di nascita di un bambino, figlio di una coppia formata da persone dello stesso sesso, in cui uno dei genitori non ha alcun legame né biologico né genetico con il minore – sottolinea Miri -. In questo modo, si va oltre il caso deciso di recente dalla Corte di Cassazione (Cass. 19599/2016), in cui le donne avevano un legame con il bambino, biologico, una, e genetico, l’altra».
«L’affermazione del Tribunale di Napoli più importante per le coppie dello stesso sesso italiane – aggiunge l’avvocata Maria Grazia Sangalli, Presidente di Rete Lenford – è il riconoscimento del valore che ha il legame coniugale delle due donne, capace di consentire nell’interesse del minore di dare rilevanza giuridica al ruolo di madre che entrambe concretamente svolgono fin dalla sua nascita».
«Dovremmo ricordarci più spesso che a circolare liberamente all’interno dell’Unione europea non sono solo le persone, ma anche i loro diritti e le relative tutele. Provvedimenti come questi fanno ben sperare che presto anche le persone omosessuali in questo Paese potranno godere pienamente della loro cittadinanza italiana e europea», conclude Sangalli, che ha voluto ringraziare anche l’Avvocatura del Comune di Napoli, intervenuta nel giudizio per sostenere le ragioni di Rete Lenford contro la tesi della Prefettura territoriale e del Ministero dell’Interno.
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