«Mi sono confrontato con vari generi» ha dichiarato Buffoni durante l’incontro «e mi mancava la letteratura teatrale». Nasce così Personae, che è un dramma in cinque atti, preceduti da un prologo e che ricalca, quindi, lo schema classico dell’opera destinata al palcoscenico. Ma non solo: in questa struttura, se vogliamo “tradizionale”, l’autore inserisce temi di urgente attualità, dal terrorismo alla gestazione per altri, passando alla rassegna dei sentimenti umani, l’indagine della loro fragilità e al tempo stesso della potenza che li determina.
Dalla trama si evince che quattro persone sono state uccise in seguito ad un attentato terroristico, in un locale parigino. Le vittime, tuttavia, non sanno di essere decedute per un errore del giornalista che dà la notizia e che dice che sono morte «in modo non grave». E quindi si incontrato, in una dimensione quasi surreale, un prete lefebvriano, una donna ucraina che ha accettato una borsa di studio in Francia e una coppia gay che ha lasciato i suoi figli alla baby sitter, per la prima volta. Dall’interazione di questi personaggi si sviluppa il “dramma”, in cui abbiamo un doppio rapporto dialogico: il pensatore e l’uomo di chiesa, da una parte, la donna e il compagno del pensatore dall’altra.
Questa struttura binaria mette in relazione da una parte l’atavico scontro tra scienza e fede, incarnata nelle diatribe tra Narzys e Inigo, ma al tempo stesso lascia emergere il dramma umano nel rapporto che si crea tra gli altri due personaggi: Veronika, infatti, nasconde un segreto legato al suo passato e all’amore di un uomo che non c’è più. E in questa fatalità tragica si ravvisa un legame con il personaggio di Endy, tanto affascinante proprio per il suo essere irraggiungibile: e non c’è forse, in questa vicenda, la rappresentazione dei sogni dell’individuo, che si infrangono sulla dura realtà dopo un eterno oscillare tra ciò che vorremmo e ciò che riusciamo a ottenere?
Ancora una volta, Buffoni ci regala un testo di grande densità culturale. Lo vediamo anche solo dalla scelta onomastica dei due protagonisti gay: Narzys ed Endy riprendono la coppia hessiana di Narciso e Boccadoro. E se il passaggio dal nome del primo a quello del personaggio del romanziere tedesco è abbastanza trasparente, c’è tutto un gioco di relazioni tra Endy/Endimione e Boccadoro, che lasciamo scoprire al lettore che si appresterà ad addentrarsi nella vicenda narrata. Un romanzo in versi, quindi, oltre che opera teatrale. Ed in ogni caso, è indiscutibile, opera poetica in assoluto. Se vogliamo, appunto, recuperare il termine originario di poiesis che significa “creazione”. Non resta che immergersi nella storia dei quattro e assaporarne tutta l’umanità, evocativa e dirompente.
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