Vorrei parlare, in questo articolo, del Teacher Pride. E di quanto accaduto alla professoressa Rosa Maria Dell’Aira – e scusatemi per la sua mole, ma molte cose vanno dette a tal proposito – e dell’ingiusta misura disciplinare che l’ha colpita per il semplice fatto di aver svolto, con senso del dovere, il suo lavoro. Per fare questo, voglio partire da lontano, parlando del mio lavoro di insegnante. Qualche tempo fa infatti, nella mia scuola, ho curato un laboratorio sulle questioni di genere. Nello specifico, ho chiamato un esperto e un’esperta a parlare di questione femminile e di violenza maschile sulle donne. Alcuni ragazzi delle classi coinvolte – due terze medie – hanno opposto resistenza ai contenuti proposti. Cosa c’entra tutto questo?, direte voi. Andiamo per ordine.
La resistenza a quella lezione è stata motivata non perché gli argomenti trattati fossero considerati irricevibili, visto che almeno in teoria tutti e tutte siamo d’accordo che la violenza di genere non ha cittadinanza, ma perché alcuni ragazzi, in quanto maschi, si sono sentiti messi sullo stesso piano di chi esercita comportamenti brutali nei confronti delle donne. Si è fatto allora notare che assumersi la responsabilità non tanto di certa violenza, ma di una contesto culturale che la produce, non significa autodichiararsi colpevoli: così come da occidentali dovremmo rispondere dei danni fatti dal colonialismo e dal razzismo, senza per questo essere confusi con chi ha esercitato certi abusi, allo stesso modo occorrerebbe interrogarsi su cosa facciamo attivamente affinché certi comportamenti, dai più blandi ai più pericolosi, vengano definitivamente archiviati.
Alcuni di quei ragazzi hanno scritto, in un tema in cui si chiedeva di parlare di quanto appreso durante la conferenza stessa, che loro non erano d’accordo con alcuni dei contenuti proposti, dando le loro motivazioni. Motivazioni che possiamo sintetizzare con: la violenza sulle donne è sempre sbagliata, ma i due esperti hanno colpevolizzato un po’ troppo il genere maschile. Ho cercato di spiegare loro, un’ultima volta, che nessuno ha voluto mettere sul banco degli imputanti chicchessia – le ragazze e qualche ragazzo hanno anche supportato questa lettura – ma mai mi è passato per la mente di censurare la loro idea. Ho corretto, laddove erano presenti, gli errori di ortografia, di sintassi e qualche imprecisione linguistica. Poi la vita è andata avanti, come ogni giorno.
Più recentemente, un liceo nella città di Ancona mi ha invitato in occasione della Giornata Internazionale contro l’omo-transfobia. Ho tenuto una conferenza – stavolta l’esperto ero io – di fronte una platea di centocinquanta ragazzi e ragazze, dai quattordici ai diciotto anni. Nelle slide proposte, oltre quelle in cui presentavo le mie generalità e il mio curriculum, si poteva leggere che non era mia intenzione quella di fargli cambiare idea su cosa è una famiglia, sull’accettabilità degli orientamenti sessuali non conformi e sull’identità sessuale. Volevo, semplicemente, parlare con loro. Ed è nato un dialogo molto ricco e arricchente sulle diversità. Non ho voluto risposte, su alcuni temi sollevati. Credo, invece, di aver seminato il dubbio e di aver fornito informazioni senza nascondere il mio punto di vista. La giornata, mi hanno detto i colleghi di quella scuola, è andata particolarmente bene.
Ho fatto questo lungo preambolo perché credo che il mestiere dell’insegnante non sia quello di riempire la testa dei nostri allievi e delle nostre allieve di nozioni e di ideali, calati dall’alto e imposti come assoluti. Credo, invece, che la costruzione di una coscienza critica sia il fine ultimo, insieme alla trasmissione di contenuti. Non te ne fai nulla di una lezione sulla Rivoluzione francese se non fai capire che dopo quell’evento il mondo può dividersi in un prima e in un dopo. E, soprattutto, se non fai comprendere che il futuro che c’è stato ha ripercussioni sul presente. Vedendo il video che hanno proposto gli allievi di Dell’Aira, emerge il tentativo – forse un po’ goffo o ingenuo, in certi punti – di trovare quei punti di contatto tra passato e presente.
Come emerge da quelle slide, in passato una nave piena di ebrei non venne accolta in America in cui quei profughi chiedevano asilo, quando il nazismo li perseguitava. Il parallelo con un decreto che respinge altri profughi in paesi in cui sono in pericolo non è qualcosa che va contro il politico di turno, piaccia o meno a Salvini e ai suoi fan. È una ricostruzione, con tanto di lettura dell’attualità, che indossa gli abiti del civismo. È dovere delle nostre scuole sottolineare gli orrori della storia e fare in modo che non diventino quelli del futuro. E se nel presente alcune scelte somigliano a pagine buie, è compito dell’insegnante stimolare il dibattito senza censure. È quanto espresso nella nostra Costituzione. La stessa, ricordiamo, su cui questo governo tutto ha giurato. Governo che, per le scelte fatte, dimostra di essere inadeguato rispetto a quel giuramento fatto.
Guardando il volto di Rosa Maria Dell’Aira vorresti abbracciarla, dirle che non è sola e che questo attacco contro la sua persona e contro la sua professionalità, per quanto indegno, è indice che il suo lavoro è meritorio. Al di là di tali considerazioni personalissime, non si può non sottolineare che il clima nel nostro Paese è più che avvelenato, come dimostra il caso della maestra sospesa per aver letto Anna Frank in classe. Sembra di vivere, per me che non ho mai vissuto sotto una dittatura, in un contesto sociale dove censure, delazioni e violenza di stato sono all’ordine del giorno: dalle cariche delle forze dell’ordine a chi contesta il “capitano” in piazza – ma non c’era, una volta, la libertà di espressione? – al sequestro degli striscioni sui balconi contro Salvini. È così eversiva la libertà, per il vero leader del governo giallo-verde? Così parrebbe.
Ho parlato, in questo pezzo, della Costituzione Italiana. Quella nata dalla lotta partigiana contro il fascismo – non sarà che a Salvini non piace proprio per questo, viste le cene con gli esponenti di estrema destra con cui di tanto in tanto si accompagna? – che in alcuni dei suoi punti ricorda, a tutti e tutte noi, che nel nostro Paese «tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione» (articolo 21) e che «l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento» (articolo 33). In segno di protesta contro il provvedimento disciplinare alla professoressa Dell’Aira, il Liceo Anco Marzio di Ostia ha organizzato il Teacher Pride.
«Martedì 21 maggio, alle ore 11» si legge sulla pagina Facebook del Teacher Pride, «ogni insegnante, studente, cittadino che voglia riaffermare la libertà di pensiero e di insegnamento, dovunque si trovi, interromperà le proprie attività, si metterà in piedi e leggerà di seguito gli articoli 21 e 33 della Costituzione italiana». In quanto insegnante, attivista Lgbt e, soprattutto, cittadino che ha a cuore la salvaguardia dello Stato democratico, leggerò ai miei studenti e alle mie studentesse il contenuto di quegli articoli. E lo farò abbracciando, idealmente, la collega Dell’Aira.
Cercherò di far capire alla mia classe – per pura coincidenza sarà la terza di cui parlavo in apertura – che non si deve mai avere paura di fare ciò che è giusto. Ovvero, difendere chi ne ha bisogno, costi quel che costi. Nella vita, ognuno e ognuna di noi è chiamato a rispondere del sistema sociale nel quale vive e opera. L’alternativa a tutto questo è la complicità con certe storture e certi abusi che non devono passare, men che mai senza il tentativo di resistere ad essi. È questo ciò che fa la differenza tra una persona responsabile, appunto, e una persona indifferente. E l’indifferenza, ed è questo che bisogna insegnare alle giovani generazioni, è il punto di partenza di ogni connivenza.
Gaypost.it aderisce ufficialmente al Teacher Pride. Quando l’articolo è stato pubblicato, ero in aula a leggere gli articoli 21 e 33 della Costituzione della Repubblica Italiana.
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